giovedì 29 dicembre 2016

Il mondo rovinato dai ragazzini

E’ vero che tra Natale e la Befana vorremmo tutti essere bambini, ma il tasso di infantilismo nel mondo politico sta superando il livello della mia sopportazione. Prendiamo Obama. Un bambino viziato. Ha avuto otto anni di tempo sulla poltrona più importante del mondo e, solo mentre scarta gli ultimi pacchetti sotto l’albero si accorge che la questione medio orientale non si risolverà mai fino a che non sarà stata cauterizzata in qualche modo la ferita iniziale che sta suppurando dal 1967. Ma lo fa da bambino viziato , che ha aperto il pacco e trovato la sciarpa di lana. Batte i pugnetti sul tavolo, batte i piedini sotto il tavolo e consegna al mondo, dopo aver scatenato la rabbia degli arabi, con il delirante discorso del Cairo, anche quella degli israeliani con il voto alle Nazioni Unite. Ma c’è il sospetto che nulla gli interessi davvero, se non rendere complicato l’esordio presidenziale di Trump. Obama, che incurante dell’asfaltata micidiale del partito anche alla Camera e al Senato fa il bullo di Chicago. Io avrei vinto il terzo mandato. E se non abbiamo vinto non è colpa delle mie politiche ma dei potentissimi hacker russi. Come Renzi. Ormai gli illusionisti sono così impegnati a frullare le mani, per distrarci dal trucco, che sono loro a distrarsi, a prendere sul serio il loro stesso spin. Otto anni meravigliosi. Così come i mille giorni da libro del nostro bullo fiorentino. E se la gente non è convinta, se dal cilindro invece del coniglio esce un fazzoletto sporco come il salvataggio di MPS, allora ha ragione Brecht. Cambiamo la gente. Ce lo ha detto il conte Gentiloni. Il risultato del referendum non si cancella ma non si cancella neppure il lavoro del governo, che, infatti, è identico. Se non vinco porto via la palla. Io gliela darei pure, purchè se ne andassero davvero.

martedì 20 dicembre 2016

Sbucciando Cipolla

Chi ha avuto la pazienza di seguirmi sa che a me dei ladri e dei disonesti importa assai poco. Per questo quando vengo sollecitato dalle richieste di intervento su questo o quello scandalo non mi eccito. Un Marra o una Moretti, un tenebroso lascito della destra nell’amministrazione capitolina o una imbranata assenteista ladylike in Veneto mi strappano un ghigno o poco più. Non è politica è malcostume. Pago, con le mie tasse, giudici e finanzieri perchè se ne occupino. Quello che mi interessa è come la gente governa. E quindi mi interessa la dichiarazione di Poletti e non quella di Giachetti e mi interessa la bocciatura del bilancio del comune di Roma. Poletti perchè è un modo con cui la gente, magari obnubilata dalle tabelle istat e da quelle inps su occcupati, disoccupati e scoraggiati, può capire con chiarezza cosa il governo pensa dei lavoratori e dei giovani e perchè fa quel genere di politiche, magnificandole anche dopo la bocciatura referendaria. Il bilancio del comune di Roma affondato dai revisori perchè è la sconsolata ammissione della incompetenza elevata a virtù. Cioè del motivo per cui i 5 stelle hanno, in questo paese, appena il 25% e non, come sarebbe logico dato Poletti e tutti quegli altri, il 40. Sono ormai molti gli anni passati a raccontare di una pretesa superiorità morale che, cari ragazzi pentastellati, è ben poco difficile da rivendicare di fronte a questi politici di professione. Anni buttati a dirsi bravo dove ti riesce facile, invece di studiare umilmente le materie complicate per farsi trovare pronti all’amministrazione e al governo quando fosse stato necessario per il bene comune. E noi, qui, sempre costretti a scegliere nel bipolarismo di Carlo Cipolla tra gli stupidi e banditi

giovedì 15 dicembre 2016

Un apologo

Una collega. Licenziata dall’azienda con l’accusa di aver abusato della 104. Mandata per strada ad una età e in un momento in cui questo significa disoccupazione certa, morte professionale. Dover ricominciare con i lavoretti e le collaborazioni a strozzagola di chi dall’alto di fatturati milionari, ovviamente si approfitta della tua condizione. Per mesi , per anni. Finchè un giudice d’appello non stabilisce che quel licenziamento è stato illegittimo, che è nullo. La collega niente aveva fatto se non esercitare un suo diritto, che è pure un dovere morale, quello di assistere chi nella tua famiglia ha un problema. La collega ha una fortuna nella sfortuna. Ha iniziato a lavorare prima che arrivasse Renzi. E quindi per lei l’abolizione dell’articolo 18 non vale. Tornerà al suo lavoro. Dopo Renzi il padrone, che l’ha licenziata ingiustamente, sconfitto in tribunale, avrebbe potuto cacciarla a calci sventolandole sotto il naso qualche mese di stipendio. Niente reintegra. Arrangiati là fuori, tra i lupi. Adesso, come sapete, pende su questa legge oscena il referendum abrogativo. E come sapete gli autori dell’oscenità, Poletti e Renzi sono pronti a rischiare il voto delle politiche pur di impedire che il referendum si tenga, pur di rinviare di almeno un anno il verdetto del popolo.”Il Jobs Act non si tocca. Reintrodurre l’articolo 18 sarebbe come dire “ragazzi abbiamo scherzato”. Il giorno dopo arriverebbe un downgrading per l’Italia dalle agenzie di rating” così virgoletta la Stampa le parole di Renzi. Le agenzie di rating contro la collega, contro di voi, contro i vostri figli. Eccola la legacy, l’eredità, la mission, il punto chiave di quel governo, di questo governo in carica. Ragazzi abbiamo scherzato con le vostre vite, con la vostra dignità, con i vostri diritti. Che sia referendum o che siano elezioni politiche, non dimenticate.

martedì 13 dicembre 2016

Segnatevi l'appuntamento

Contro la stupidità perfino gli dei lottano invano. Schiller oltre alle parole dell’ Inno alla gioia ha scritto anche questo. Pendant alla saggezza classica che vuole che gli dei rendano prima pazzo coloro che vogliono dannare. E una scelta pazzesca nella sua protervia è infatti il governo che andiamo adesso a rosolare al fuoco violento della crisi, partendo dal Monte Paschi. Segnato ancora dal priapismo egoico di Renzi. Convinto che, se si nasconde nell’ombra e promuove i sodali dell’arrembaggio alla costituzione, i 45 milioni di polli che, evidentemente secondo lui, costituscono l’elettorato italiano stavolta ci cascheranno. Che si faranno confondere dall’aspetto ininfluente del conte Gentiloni. Che non noteranno, ma il conte sbadatamente glie lo ha ricordato che “come si può vedere dalla sua composizione, il governo proseguirà nell'azione di innovazione del governo Renzi.” Quella bocciata 60 a 40. Proseguite che la strada verso il 30 è segnata. Grazie ragazzi, per qualche giorno un po’ di paura l’avevamo avuta. Hai visto mai avessero capito il messaggio, tentassero qualche manovra fumogena ed evasiva di quelle convincenti. Invece tetragoni come la vecchia mummia emerita, non hanno sentito nemmeno questo di bum. Boschi e Lotti promossi, Poletti confermato. La Madia fresca di bocciatura della Consulta, riproposta come la peperonata. Bene così. Tanto peggio, ed era davvero difficile, tanto meglio. Ci si rivede alle politiche.

sabato 10 dicembre 2016

Tappe della disfatta

Certe volte bisogna ritornare alla storia. Il partito democratico nasce nel 2007. IL suo manifesto ideologico è il discorso del Lingotto di Veltroni.”L'Europa è andata a destra, in questi anni, perché la sinistra è apparsa imprigionata, salvo eccezioni, in schemi che l'hanno fatta apparire vecchia e conservatrice, ideologica e chiusa. Ad una società in movimento, veloce, portatrice di domande e bisogni del tutto inediti, si è risposto con la logica dei "blocchi sociali" e della pura tutela di conquiste la cui difesa immobile finiva con il privare di diritti fondamentali altri pezzi di società”. Puro Renzismo in anticipo Contribuisce immediatamente al crollo del secondo governo Prodi, quando Veltroni,proclama la dottrina della vocazione maggioritaria, scatenando le ire di Mastella. Poi i giornali diranno che fu colpa di Turigliatto. Alle elezioni del 2008 il PD, pur avendo bruciato ogni spazio alla sua sinistra, viene distrutto da Berluscon. Nel 2009 il partito perde rovinosamente le regionali in Sardegna portando alle dimissioni di Veltroni. Nel 2009 alle europee, segretario Franceschini, il PD perde sette punti rispetto alle politiche. Nel 2011 il partito democratico perde le primarie per le candidature a sindaco a favore dei sindaci arancioni, che saranno eletti alla guida del centrosinistra a Genova, Milano, Napoli, Cagliari. A novembre del 2011 subisce, senza reagire, il ricatto internazionale con la regia del Quirinale che impedisce al paese di andare al voto dopo la caduta di Berlusconi. Vota con il governo Monti le riforme Fornero e il pareggio di bilancio in costituzione, dopo aver solennemente giurato, con il segretario Bersani, di non farlo. Prende atto della abolizione delle pratiche di concertazione con i sindacati. Nei 4 anni successivi pur avendo sempre tenuto la poltrona di Palazzo Chigi non fa nulla per revocare queste misure del governo Monti. Sconvolgendo ogni aspettativa il PD perde le elezioni del 2013 prendendo appena il 25, 43% dei voti in Italia, sessantamila meno del movimento 5 stelle. Ottiene la maggioranza e quindi il premio solo grazie ai voti dall’estero e a quelli portati in dote, oltre un milione, dalla sinistra di SEL con cui rompe da subito sulla vicenda dell’elezione del nuovo capo dello stato. Ottiene si il famoso 41% alle elezioni europee del 2014 ma perde poi, dopo otto anni, le regionali in Liguria. A Roma la giunta Marino viene travolta da scandali e lotte di fazione interne. Alle amministrative del 2016 perde appunto Roma, Napoli e Torino, quest’ultima appannaggio del centrosinistra dal 1993. Un brand di successo non c’è che dire. Ma nessuno, mai, che si fermi a riflettere se il problema di questa catena di fallimenti non sia l’innovazione di processo ma quella di prodotto.

martedì 6 dicembre 2016

Ossi di seppia

Tantissimi lettori mi hanno accusato di essere pieno di livore perchè non ho riconosciuto l’onore delle armi al farisaico compitino notturno di accettazione del risultato del Bomba. Come al solito era meglio avessero aspettato qualche ora, perchè dalle parti del Nazareno mi pare che siano già entrati nella solita oscillante fase tra 25 luglio, Renzi chi?, e repubblica di Salò resisteremo nel ridotto alpino. Del resto è un classico, che prese pure Napoleone. Ma il punto è un altro, non il mio livore di vincitore, ma il loro livore di sconfitti. Come già i colleghi inglesi e statunitensi hanno immediatamente compilato l’equazione se io sono intelligente e voto si quelli che hanno fatto vincere il no sono scemi. E mica solo i miei lettori cui riconosco l’onestà dell’impegno personale, rispettabilissimo se rispettano il mio. NO io parlo dei professionisti tipo Chicco Testa o Laura Puppato e i loro tweet inverecondi sulla fuga dei cervelli all’estero o sui votanti no nella terronia e nelle zone del sottosviluppo. Apro una parentesi, io fossi milanese e avendo quindi originato Mussolini Craxi e Berlusconi, politicamente parlando starei schiscio sull’essere l’unica metropoli che ha votato si, ma non sono fatti miei. E invece i dati sociologici, cari miei, vi smentiscono, se un bel sessanta a quaranta non vi è bastato. Tre anni di retorica erasmiana sui giovani e sul cambia verso ed ecco che i giovani votano no. Tre anni di retorica contro il vecchio e la rottamazione di una costituzione, che era da settanta anni che andava cambiata, e gli unici a votare si sono i pensionati. Tre anni di retorica sull’Italia che riparte e 8 imprenditori e autonomi su 10 dicono che non è ripartito niente. E sarebbero livorosi quelli che guarda caso hanno votato esattamente in base ai parametri di occupazione e reddito, quell’oceano di no attorno ai Parioli e Centro storico. E quindi il punto, qui come a Londra o a Washington diventa il puro e semplice rispetto delle democrazia. Della rivolta delle urne, quella alternativa tra i ballots e i bulletts di cui parlava Malcom X. Quella roba misteriosa per cui un popolo, nonostante la propaganda a tutte testate, da solo si ritrova ad esprimere un parere contrario al potere. Perchè la democrazia è questo: sentire con triste meraviglia com’è tutta la vita e il suo travaglio in questo seguitare un’accozzaglia che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia

lunedì 5 dicembre 2016

L'odio di classe

Non credevo mi odiassero così tanto. Come la incartapecorita nobildonna di Tutti a Casa, la sera del referendum monarchia repubblica ”Perchè? perchè? vogliono così male al re?”. Questo è il punto che ha reso il discorso di addio di Matteo Renzi un sunto esemplare della sua rapidissima parabola politica. Non capire, non sapere, non vedere. Nulla al di là della propaganda, e della piaggeria dei corifei del mio mestiere. Nulla al di là delle slide e degli adoranti convegni confindustriali. Pensare che gli slogan recitati colle aspirate toscane o con l’improbabile inglese, fossero la realtà percepita dal resto del paese. Che gli hashtag, le cifre gonfiate, perfino alla fine dire 1% di crescita suvvia, i paragoni fatti scegliendo fior da fiore il momento giusto per cinguettare l’Italia riparte, le megalomanie provinciali del paese leader in Europa, schierato col broncetto sulla tolda della Garibaldi, della cosa fantastica della cena finale di gala con Obama, fossero la verità. Che la sua sola presenza, l’attivismo frenetico, il priapismo egoico automaticamente avessero restituito al disoccupato il lavoro e allo stagista la dignità. Colpa sua che come tanti prima di lui si è intossicato col suo stesso prodotto, che ha collocato tutti gli scettici nella categoria dei gufi, cioè degli iettatori. Il peggio che ha fatto però lo ha fatto ai suoi sostenitori. Eroici estensori di decine di domande al vecchio porcone di Arcore, dileggiatori del commercialista assiso al tesoro, sputtanatori delle squinzie elevate ai laticlavi, sono stati zombizzati dal suo morso. Silenti, ammirati. Col sorcio in bocca dell’articolo 18, del licenziamento dichiarato illegittimo dal giudice monetizzato da quattro soldi nel più emblematico esempio della ingiustizia di classe, milioni di ex comunisti, innamorati di Berlinguer si sono trasformati in agit prop di Marchionne, proclamando a gran voce il loro essere sinistra moderna. Oggi pure loro, incartapecoriti in appena tre anni si chiedono, perchè? perchè? vogliono così male al re? Ma qui sono in 19 milioni a vederlo nudo per quello che è stato, non un singolo ragazzino. Ve lo ricordate Totti, con le quattro dita alzate con la Juventus? Ecco, zitti e annatevene

sabato 26 novembre 2016

Il vecchio e il mare

Secondo me, sognava i leoni. Aveva preso il mare con quel pugno di esagitati che ricordano, dovrebbero almeno in Italia ricordare,i fratelli Bandiera, Pisacane, Garibaldi. Senza sapere quale sarebbe stato l’approdo. Il più probabile finire massacrato al suono della tarantella finale di Allosanfan, ripresa anche da Tarantino. Ma la fortuna e il destino gli consegnarono il grande pesce. Nobile e iridescente nei suoi salti, trascinò quella barca molto lontana da riva , dove non pensava di finire, non era mica comunista quando partì. E quando il pesce, sfinito, si arrese era molto più grande di quella barchetta, un peso quasi impossibile da sostenere da solo. E attorno c’erano gli squali che da ogni parte venivano a strappare i pezzi del grande pesce. E bisognava difenderlo solo con un coltello legato ad un remo. Ma se prenderlo è stato possibile, difenderlo non lo è mai. Nessuno ci riesce. Facile irridere il vecchio, mentre due continenti erano preda di narcos, golpisti, torturatori, squadroni della morte. Però a riva è arrivato. Il grande pesce ridotto a uno scheletro. Ma la coda e la spada dicevano della sua immensità, del gesto folle, prometeico di chi non ha tagliato la corda e lo ha preso. “Sono andato troppo al largo”. Il vecchio si era riaddormentato. Sognava i leoni

mercoledì 23 novembre 2016

Apocalypse No

Era un altro dei golden boy del Pd. Più o meno boy perchè ormai, come me, ha l’età del pensionato. Ma c’è stato un momento in cui gli intellettuali d’area si erano innamorati di Fabrizio Barca. Competente, economista, quarti di nobiltà di sinistra giusti, disgusto olfattivo e fattivo per la cloaca del pd romano, efficiente come ministro anche se nel ferale governo Monti. Insomma uno di quelli che avrebbe potuto fare la parte dell’anti Renzi. Poi oggi col passo lento del catoblepa, mitologico animale dalla testa penzoloni da lui sdoganato nel bestiario della politica per descrivere il perverso intreccio tra partiti autoreferenziali e stato, la tira per molte righe sull' Huffington post per concludere che a lui la riforma costituzionale nè piace nè non piace ma che, invece di astenersi come vorrebbe, voterà sì per salvare il PD, unico argine di uno spazio in cui possano ancora maturare idee di sinistra. Ebbene io sono giunto alla conclusione assolutamente opposta. IL Pd è un monstrum, speculare a quello che fu la vecchia DC. Quella sequestrava e placava voti di destra (come poi si vide al suo tracollo) portandoli a votare politiche economiche, che oggi sappiamo essere state di sinistra. Il Pd sequestra voti di gente di sinistra ( o convinta di essere tale) portandoli a votare politiche economiche che sappiamo essere di destra. Per cui solo l’esplosione liberatrice del mostro, può rimettere in circolazione, se ce ne sono ancora, idee di sinistra. Come diceva “prima” di prenderle la Clinton ci sono solo io tra voi e l’Apocalisse. Ma come ha detto, dopo, Obama il sole sorge ancora. Quindi: Apocalypse NO.

lunedì 21 novembre 2016

Ignorante sarà lei

Sono disgustati. Mi fanno pensare a quella stupida barzelletta del lord che si fa divorare dallo squalo perchè si rifiuta di usare il coltello con il pesce. Stanno lì e ci sventolano sotto il naso diplomi, lauree, master e phd, titoli che per altro anche qualcun altro possiede. Oddio signora mia che gentaglia che c’è sotto le mura, mentre li aspergono con mestolate di olio bollente, l’importante è che non sia di palma. E non si rendono conto che questa è proprio la ribellione contro i tecnici e i competenti. Tecnici oddio. Io dovrei sempre capire perchè Benigni o Vecchioni, debbano essere contrapponibili a Zagrebelsky e Carlassare almeno sul tema della costituzione, ma non cadiamo nel loro stesso difetto. Ognuno può dire la sua in democrazia. Fatto salvo che io voglio un chirurgo in sala operatoria e non uno scultore. Il problema è che il chirurgo può pure essere Brega Massone, tecnicamente bravissimo ma assassino. E la ribellione non è solo quella di chi non crede ai vaccini e pensa alle scie chimiche o a curarsi con l’omeopatia ( si so che tra voi ci saranno anche degli omeopatofili, l’ho usata pure io e forse ha pure funzionato, non è questo il punto). Il punto è che le terapie che ci avete proposto ed imposto non stanno funzionando. Guardate, mi fido che ci crediate davvero e che il colesterolo che, quando ho iniziato a curarlo, poteva stare a 240 adesso debba stare sotto i 200 e non perchè lo hanno deciso i produttori di statine. Ma se a furia di prendere statine a milioni morissero di infarto ecco dietro la scrivania non potete stare lì con aria sussiegosa a dire, ma lei questo dove lo ha letto? Perchè, magari io l’ho letto su Lancet e quindi sono solo un altro tipo di snob, ma chi lo ha capito da solo vi viene a prendere, scalando le mura con le unghie.

sabato 19 novembre 2016

Elogio della pazzia

Sarà perchè vengo da due incontri in cui ero finalmente il più vecchio, quello che come dice Guccini ha trasformato con un rodere sordo i suoi io faccio in mi ricordo, ma leggendo l’appello dei soliti culi caldi, un orrendo guazzabuglio di vecchi rivoluzionari imborghesiti, liberali d’assalto e scrittori buonisti, mi è venuto il sangue agli occhi sull’erasmus per gli studenti medi. Obiettivo dei firmatari e dei pubblicatori: i soliti destini magnifici e progressivi dell’Europa. Diciamo la risposta, tra il tè delle cinque e lo spritz delle sette, a Donald Trump e alla Brexit. E lì in mezzo, autodefinita una proposta fortemente simbolica, appunto l’erasmus per i ragazzini delle medie. Via ragazzi che vi si porta in gita che non sapete cos’è l’Europa. Il sangue nelle congiuntive in parte sta nella retorica della generazione Erasmus, esemplificata da uno storico “vi aspettiamo” lanciato da un giornale a quelli inglesi dopo la Brexit e prima di scoprire che i giovani in quel referendum non hanno votato. A quei giovani che non aspetterebbero, nel racconto mediatico, altro che il cambiamento invocato dalle banche d’affari. Ma soprattutto a quei ragazzi cui verranno imposte dalla buona scuola delle corvè, ovviamente gratuite,andare tra una traduzione di Sallustio e un logaritmo a girare hamburger sotto il doppio arco giallo o a sistemare t shirt da Zara. Se no, immagino, niente gita fuori porta.

martedì 15 novembre 2016

La legge ad ovest del Pecos

Sono in viaggio; quindi questa volta il messaggio nella bottiglia è solo scritto. Ma non potevo proprio trattenermi. Mentre traducevo l’articolo di Will Denayer mi sono imbattuto nella frase “Obama ne ha deportati milioni”. Lì per lì, pensate come sto messo, ho associato la frase alle conseguenze della guerra in Siria. Poi mi sono fatto prendere dal dubbio. E ho controllato. Negli otto anni di presidenza Obama sono stati espulsi dagli Stati Uniti due milioni e settecentomila immigrati clandestini. Lo sapevate? Il triplo dei profughi siriani che hanno causato il collasso dell’Unione europea. L’equivalente di venti anni di sbarchi dei disperati di Lampedusa. Ecco io non lo sapevo. Non avevo mai letto aperture a tutte colonne sullo sceriffo Obama. Non so i nomi e non ho mai visto le foto dei ceffi che gli hanno consigliato queste deportazioni. Però so, e lo sapete anche voi, che Trump ne vuole espellere altrettanti e conosco, e anche voi conoscete, il ceffo che lo consiglia. Quindi, come sempre, oportet ut scandala eveniant.

venerdì 11 novembre 2016

2016

Ci ho messo molto. Anche se l’hai vista arrivare da 5 anni l’onda di tsunami fa comunque impressione. E un po’ devi risistemarti. Certo non come i colleghi che in tutte le parti del mondo, laceri e contusi si chiedono come mai, loro, non l’hanno vista. Quando arriveranno a capire che fino al momento di frangersi l’hanno applaudita come un bellissimo spettacolo della natura, avranno finito di fare il loro percorso di autocoscienza. Perchè oggi sono tutti buoni a fare il Bersani che dichiara morto il blairismo avendolo rovinosamente praticato anche quando era ormai uno zombie, uno sdentato come il presidente socialista della Francia chiama i poveri. Quella robaccia là nata, come diceva due giorni prima del voto Munchau, uno dei pochi a vederla arrivare dalle colonne del Financial Times, sulla base della falsa credenza che le elezioni si vincono al centro, sul richiamo delle limousine ministeriali, sul complesso di inferiorità di non saper fare politiche fiscali responsabili e sulla convinzione che tanto gli elettori di sinistra non avevano dove altro andare. E il cui culmine ridicolo è la costituzione di Renzi, andato a mangiarsi gli ultimi canapè lasciati da Obama alla Casa Bianca, e che adesso ovviamente spera che la lista degli invitati sia stata buttata per fare il solito rigatino alla Conte Mascetti. La gara ad inseguimento della destra liberista è finita. Là dove nacque la rivoluzione reazionaria contro lo stato, ne è nata una nuova. L’ infelicità dell’occidente ultra ricco e pieno di lavoratori poveri ha, come inevitabile, trovato uno sfogo. Sarà quello dell’odio dei penultimi sugli ultimi. Dei diritti incivili. Del negazionismo climatico. E potrebbe anche funzionare, per un po’. Ma fargli il verso non è possibile se non diventando, stavolta consapevolmente, non come loro, ma loro. Questo anno bisesto vi ha dimostrato che si può davvero, se si vuole come loro hanno voluto. Vi ha restituito il peso insostenibile della libertà di scelta. Scegliete.

lunedì 7 novembre 2016

Speriamo che sia femmina?

A meno che voi pensiate che Bloody Mary sia solo vodka e pomodoro, la frase almeno è donna non dovreste pronunciarla. Dopodomani, salvo sorprese clamorose, saremo lì a leggere la sfilza di articolesse che ci spiegano come dopo il primo presidente di colore la prima presidente debba essere considerato “in se” un fatto straordinario. Ora io non pretendo che tutti conoscano la storia delle dinastie regnanti. Però il fatto non è nuovo. Risale almeno a 1450 anni prima di Cristo. Hatshepsut, faraona di Egitto, con tanto di vesti maschili e barba posticcia e meraviglioso tempio funerario in quel di Deir el bahari. E poi ovviamente Cleopatra, Anna Caterina e Elisabetta di Russia, Eleonora di Aquitania, Elisabetta d’Inghilterra, Maria la Sanguinaria, quella del cocktail di teste protestanti. E Indira Gandhi e Golda Meir e Margaret Thatcher e tante altre. Tutte grandissime governanti, spesso migliori dei loro coevi in calzoni, ma prive del tutto di quello specifico femminile che dovrebbe renderle “in se” diverse nel governare. A partire dalle guerre scatenate sotto i loro governi e dalle repressioni feroci di dissensi e moti popolari. E dato che la presidenza Obama è finita con un movimento che si chiama black lives matters, per impedire che i neri vengano giustiziati dalla polizia per strada, ecco vorrei tanto che la donna nello studio ovale iniziasse, invece, interrompendo, subito, le forniture di armi ai paesi che le donne adultere lapidano. Voi che ne dite?

domenica 6 novembre 2016

Ad ovest di Paperino

Caligola o Nerone. Per molto tempo l’analogia che mi attraversava la mente è stata questa, in relazione al voto di martedì notte. Due imperatori, ci hanno raccontato postumamente gli oppositori, bizzarri e crudeli. Dannosi e folli. Un incendiario in questo caso al femminile, uno capace di fare senatore un cavallo e di portare le legioni a raccogliere conchiglie sulla spiaggia. Tutti e due destinati ad un brutta fine. Aiutava l’analogia il racconto svetoniano della campagna, politica zero, solo scienze comportamentali. Un maniaco sessuale, contro una compulsiva violatrice delle regole. Una sensazione confortata dalle analisi sulla copertura mediatica dei temi della campagna. Tanto per dire zero virgola zero sulla questione climatica. D’accordo nessuno vota sui programmi, solo sui caratteri. Ma poi quei caratteri attuano programmi per cui, almeno io, tanto per sapere di che morte morirò li guardo. E quindi se noto tutto il complesso militar industriale che si schiera dietro la Clinton non penso che sia perchè non vedano l’ora di avere una donna sul trono. Come che sia da qualche giorno ho cambiato analogia.Non se la meritano quella con gli imperatori. Troppo alta. Adesso è tra Paperoga e Gastone. Tra il perfettino cotonato e superfortunato e lo svitato con i capelli fuori posto. Essendo noi Paperino sappiamo come va a finire. Comunque

venerdì 4 novembre 2016

Sognando California?

Quando l’ho vista in metropolitana ho pensato che in lei c’era qualcosa che non andava. Il velo fucsia sul capo e la felpa su cui spiccava ripetutamente il nome Barbie. Fai pace col cervello, ho pensato.Il velo e il nome della bambola, simulacro del corpo umano e quindi proibito dalla fede, che si presenta agli occhi delle bimbe occidentali, nuda come Mattel l’ha fatta e con quei capelli al vento. Poi ho provato a fare un passo più in là a immaginare una sua figlia, la ragazza era giovane, e a chiedermi se la contraddizione si sarebbe risolta nella sua vita a favore del velo o della bambola. E poi ancora a pensare che quella contraddizione fosse anche una speranza che noi qui, e solo qui, siamo in grado di fornire a quella ragazza. La speranza che la battaglia dei valori la si vinca noi. Io ci credo tanto in quei valori. A differenza di ogni xenofobo che li pensa deboli e pronti alla resa. Ci credo a quello che ho visto succedere nel corso di una sola vita. E proprio perchè ho avuto la fortuna di vivere sulla spuma dell’onda più alta, posso guardare indietro nel cavo della mia. Che so alle 60mila persone, due terze donne, bruciate vive per stregoneria dalla nostra religione d’amore. Fino al 1782 un soffio prima della Rivoluzione. Nella storia appena ier l’altro. Per cui sì, ragazza, velo e Barbie è già qualcosa. Rema!

venerdì 28 ottobre 2016

La lettera scarlatta

Allora è così. Il problema è il dolore straordinario. Il dolore dei profughi che possono arrivare più un anno e meno un altro. Se soffrono troppo e muoiono per strada meglio, non sono un problema. Il dolore di chi ha visto la terra sbriciolarsi sotto i piedi, ma solo se si tratta di un terremoto. Se è una frana, una pioggia, una valanga, no. Per questo si può finalmente chiedere, si può pretendere. Si possono finalmente sbattere i pugni sul tavolo. Fare, e dare l’impressione di essere dotati di palle anche con i forti invece che solo con i deboli. Invece il dolore normale, quello no. Quello di chi ha perso il lavoro, quello di chi non riesce a iniziare a lavorare, quello di chi ha perso la casa “solo” per uno sfratto, quello dei malati, quello dei disabili, quello dei pensionati al minimo. Quello di chi passa ore di vita sui treni dei pendolari o sulle strade sconnesse. Quelli no.Per loro non c’è lo spazio delle richiesta e della pretesa. Per loro vale l’abominevole legge di Padoa Schioppa, oggi fortunatamente sepolto vicino alla mamma, quel bamboccione. Bisogna “attenuare quel diaframma di protezioni che nel corso del Ventesimo secolo hanno progressivamente allontanato l’ individuo dal contatto diretto con la durezza del vivere, con i rovesci della fortuna, con la sanzione o il premio ai suoi difetti o qualità.” Ecco.

venerdì 21 ottobre 2016

Ecce bombo

L’illuminazione, si fa per dire, è arrivata, mentre inzuppando i similpavesini all’alba delle 5, vedevo distrattamente un lombrosiano deputato del PD parlare della svolta che attende l’Italia non appena approvata il 4 dicembre la riforma costituzionale. La svolta dopo la Costituzione. Un momento: ma di solito le Costituzioni si fanno dopo una svolta, anzi si fanno “proprio” perchè c’è stata una svolta che ha cambiato le regole che, quindi, devono essere aggiornate. E già. Quale è la svolta che stiamo costituzionalizzando? Per dire, l’altra volta, da noi, da dittatura a democrazia e da monarchia a repubblica. Oppure De Gaulle da quarta a quinta repubblica. C’era stato la sconfitta in Vietnam, la guerra d’Algeria, le torture, l’OAS che metteva le bombe. O in Spagna era finito il franchismo. Ecco da noi nell’anno di grazia 2016, che è successo? Voglio dire, ancora ancora si capiva dopo Mani pulite. Era venuto giù il comunismo e il sistema dei partiti. Ma adesso, oltre all’epifania un po’ appassita di Renzi? Giro, vedo gente, mi muovo, conosco, faccio una Costituzione. L’ordine dei fattori, come le parole, sono importanti.

martedì 18 ottobre 2016

I polli di Renzi

Mi è risuccesso anche oggi. Posto un dato, in questo caso quello dell’aumento dei licenziamenti post job act, e invito a trarne le conseguenze il 4 dicembre. E arrivano i che c’entra. Ora questo è davvero curioso perchè se qualcuno ha avviato il discorso sul carattere di panacea del si,sono stati autori e fautori della riforma, da Renzi ad Obama. Ma è poi ovvio che c’entri. A partire proprio dal fatto che un cittadino, in buona parte, si deve “fidare” di ciò che gli raccontano, tramite i mezzi di informazione, i politici. E se diventano, mese dopo mese, smaccati il carattere e gli esiti non entusiasmanti delle sbandieratissime riforme del mercato del lavoro è legittimo, forse prudente, fare una tara anche sulle meravigliose sorti che ci attendono con il nuovo articolo 70 e compagni. Del resto proprio Renzi sta facendo di tutto, e giustamente, per ignorare una riforma costituzionale, quella del pareggio di bilancio che fu approvata a stragrande maggioranza appena quattro anni fa, e che vi era stata indicata da tutti come salvifica e indispensabile. Va bene non essere dei fans del dubbio metodico, ma proprio fare la figura dei polli… O no?

martedì 11 ottobre 2016

Ossimori e palindromi


E, sapete, non esiste la società. Ci sono individui, uomini e donne e ci sono le famiglie. (Margaret Thatcher) Oggi, troppe persone in posizione di potere agiscono come se avessero più in comune con le elite internazionali che con la gente della strada, la gente cui danno lavoro, la gente che incrociano. Ma se voi credete di essere cittadini del mondo, voi siete cittadini di nessun posto. Non capite che cosa vuol dire cittadinanza. (Theresa May) 
 Margaret Thatcher ha un posto particolare nel mio pantheon dell’infamia, totalmente riassumibile in quella frase sulla società, architrave di quello che un geniale italiano avrebbe poi chiamato edonismo reaganiano, la migliore definizione di quello che abbiamo vissuto negli ultimi 37 anni, della forza travolgente, ciclonica che ha abbattuto perfino il comunismo. Ad oggi ovviamente non so nulla del posto, neppure se avrà un posto, e in che pantheon di Theresa May. E però quest’altra frase, su cui si sono avventati i commentatori di mezzo mondo, citando la seconda parte isolata dalla prima, mi intriga da matti. Perchè ne è il rovesciamento. E nella desolante deriva del pensiero “ufficialmente” di “sinistra” ormai sono ridotto a cercare, con il tradizionale lanternino, i sintomi che qualcosa si muova dall’altra parte, perchè troppo, troppo in là ci eravamo spinti seguendo le parole della lady di ferro. Per questo la frase mi intriga, come mi ha intrigato la Brexit, come mi intriga la difesa nazionalista dei salariati francesi da parte della Le Pen, e come mi intriga quella di Donald Trump. Mica sono scemo. Lo so, l’ho studiato che i fascismi nacquero proprio, meglio anche, così. Presentandosi come difensori dei diritti del proletariato che aveva combattuto nelle trincee ed era stato tradito dalle elite, fino ad arrivare all’ossimoro demoniaco del Partito nazionalsocialista dei lavoratori tedeschi. Ma qui manca un tassello decisivo. Quelli nacquero per la paura, la tremenda paura, che lo spettro, che avevano fatto levare in Europa in quella strage, si stesse prendendo il mondo partendo da Leningrado. Qui, oggi,lo spettro è sbiadito nell’ectoplasma che non risponde più nemmeno al medium. Siamo alla teorizzazione della naturalità del sistema oligarchico, al disprezzo perfino per i contrappesi illuministi che ci riporta alla maledizione di Rousseau. Sarete liberi solo nei 5 minuti del vostro voto. La sinistra è ridotta ad un Crozza senza talento, capace solo di imitare con dieci, venti, trenta anni di ritardo la destra.E allora se è la destra a sentire, annusare, che non se ne può più. Se De Benedetti capisce, con tanti anni di ritardo, e grazie alla sua sottovalutazione di Trump che la globalizzazione è stata la trappola fatale delle democrazie, che sono e restano nazionali, bene: forse “questa” paura rimetterà in moto il pendolo. Magari partendo da uno scambio di iniziali. MT. TM.

domenica 9 ottobre 2016

mercoledì 5 ottobre 2016

Scusate se sono lungo

Il dibattito su oligarchia e democrazia, sorto dopo il faccia a faccia tra Zagrebelsky e Renzi e il commento di Scalfari è, nonostante la qualità delle persone coinvolte, del tutto surreale. E’ come se nessuno si rendesse conto che quello cui stiamo assistendo è un tutt’uno con la crisi economica e la crescita delle diseguaglianze. La democrazia non è un “diritto” inalienabile. Per inciso, dato il mio mestiere, come l’informazione. Nascono entrambe come traduzione politica e istituzionale dell’allargarsi degli aventi interessi, non interesse, nelle decisioni. Cioè con l’affermarsi della borghesia che non sopporta più che il potere decisionale sia nelle poche mani di monarchia e nobiltà. E’ una democrazia che infatti funziona per censo e non per nascita. Limitata nei numeri. Ci vorranno più di cento anni anni di lotte per farla diventare la democrazia di tutti gli uomini, e almeno altri cinquanta anni per farla diventare quella di tutte le donne. Lo diventa solo quando le organizzazioni degli esclusi riescono a far convergere le loro forze, dimostrando che gli aventi interessi sono tutti coloro che subiscono le conseguenze delle decisioni e non solo coloro che ne traggono vantaggi. La democrazia si espande, tra parlamenti eletti, ricordatevi che da noi il Senato era di nomina regia come la Camera dei Lord era di diritto dinastico, e corpi intermedi, partiti, sindacati, associazioni, man mano che i diritti economici e il benessere economico si espandono in strati sempre più larghi della popolazione. In certi casi l’evento sociale precede quello politico, in altri viene importato dall’estero e lo precede, come nel caso della Costituzione italiana, che è importata dall’estero perchè la libertà arriva sulla punta delle baionette americane e russe. Oggi assistiamo al fenomeno opposto. La ricchezza si concentra, “quindi” le decisioni si accentrano. Si fanno opache, non democratiche, dai corridoi di Bruxelles a quelli del TTIP, dalle evasioni fiscali multinazionali di Apple, ai giochi sull’Euribor di Deutsche bank. E’ di nuovo la democrazia degli aventi interesse ai danni degli aventi interessi, che gli inglesi definiscono shareholders contro stakeholders. Non è un fenomeno politico, una sovrastruttura. E’ un fenomeno strutturalmente economico. Non si vogliono controlli, quindi raccontiamo che la politica è corruzione, spreco, perdita di tempo, casta. Buttiamo in pasto ai gonzi 215 poltrone di senatori e non facciamogli capire che abbiamo appena cancellato 50 milioni di voti. E’ la democrazia che diventa oligarchia, perchè è la borghesia dello 0,1% che sta tornando ad essere nobilità di roba.

lunedì 3 ottobre 2016

I ribelli moderati

C’è un paese islamico, dove tra gennaio e giugno di quest’anno ci sono state oltre 1600 vittime civili, altri 3500 sono rimasti feriti e mutilati. I bambini morti sono 388, i feriti più di mille. Si aggiungono ai 20000 morti e 40000 feriti degli ultimi sette anni. Più di 150.000 persone sono diventate profughi, portando il totale a circa un milione e duecentomila. Ovviamente non stiamo parlando della Siria. Ma dell’Afghanistan. Ma li non ci sono i russi, e i ribelli moderati si chiamano talebani. Circa il 23% delle vittime civili di quest anno, dice il rapporto delle Nazioni Unite, sono state causate dai filogovernativi e dalla coalizione, cioè l’equivalente locale dell’accoppiata esercito siriano Russia. Però sono i nostri, gli Americani. Che stanno lì da quindici anni a combattere i talebani e i montanari che nessuno chiama, ovviamente, l’opposizione ad Ashraf Ghani, il presidente in carica. Altri 4000 musulmani sono morti e 6000 sono stati feriti, invece, nei bombardamenti in Yemen da parte di sauditi e alleati, armati fino ai denti dagli americani contro i ribelli moderati, che qui sono sciiti. Anche in Yemen muoiono i bambini, ma l’Onu ha cancellato Riad, come denuncia Amnesty, dall’elenco dei paesi che commettono crimini contro i minori. Si attendono, con scarsa fiducia, i titoli di prima pagina.

venerdì 30 settembre 2016

La dodicesima domanda



Qualche giorno fa Ezio Mauro nel ripercorrere tutta la parabola di Berlusconi ha aggiunto una domanda a quella famose di Peppe D’Avanzo. Chiamandolo ancora, e già qui c’è un accenno di risposta, Cavaliere, chiede, ma ne è valsa la pena? Perdio se lo è valsa! Guardate come un paese intero ha appena festeggiato, quasi con affetto e nostalgia, il compleanno di un pregiudicato, come se nulla ci fosse nel suo passato se non gaffes, ragazze scosciazzate e barzellette. Per cui di domanda ne sorge spontanea una dodicesima da porgere a Mauro e tramite lui a tutti noi. Ezio ma ne è valsa la pena? Battaglie, girotondi, elezioni, inchieste. Per arrivare dove? Al Ponte di Messina, al lasciatemelo dire al posto del mi consenta? Ad Alfano inamovibile al Viminale manco fosse Scelba. Al tessitore Verdini. Alla farsa incostituzionale dell’Italicum. Alla confessione la riforma costituzionale nel merito è di destra quindi non capisco perchè non la votino. All’articolo 18? Tu scrivi “quella partita durata vent’anni tra Berlusconi e la sinistra è finita e la sinistra non sa che gioco deve giocare”. Ezio, era parte di una partita molto più grande, in pieno svolgimento; e la sinistra la sta giocando dalla parte sbagliata.