tag:blogger.com,1999:blog-72994573695041009142024-03-13T19:19:53.222+01:00Il Contropelomassimoroccahttp://www.blogger.com/profile/00076695018131484345noreply@blogger.comBlogger82125tag:blogger.com,1999:blog-7299457369504100914.post-34759017600008192082018-03-07T20:23:00.001+01:002018-03-07T20:23:21.773+01:00Buscar el levante por el ponenteAllora come è possibile che Scalfari ed io si concordi sull’ipotesi di un’alleanza tra centrosinistra residuale e 5stelle come unica soluzione politicamente non solo possibile nei numeri ma in assoluto auspicabile? Il mio vecchio maestro parte da posizioni assolutamente opposte. Era meno di due mesi fa che definiva i 5 stelle più pericolosi con Di Maio che con Grillo, culminando poi una battaglia politico culturale contro il grillismo ormai quasi decennale con la famosa scelta a favore di Berlusconi piuttosto che piegarsi ad un voto al movimento. E, presumibilmente. Eugenio domenica ha votato per il Pd. E’ solo la repentina conversione dei carrieristi? Certo non nel suo caso. Secondo me è l’analisi a caldo della disfatta renziana. E’ una ridotta su cui non vale più la pena spendersi. Per il Fondatore infatti il destino non dovrebbe neppure essere un’alleanza tra PD e Cinque stelle, ma una sorta di vera e propria fusione in unico partito di centrosinistra che avrebbe la maggioranza assoluta nelle Camere e nel paese. Eugenio, di colpo, sembra prendere atto di ciò che è l’elettorato pentastellato. Il rifugium peccatorum di quei milioni di elettori di centrosinistra che si sono vaporizzati in questi dodici anni. Nel suo blog Piovono Rane, Alessandro Giglioli fa un paio di calcoli fondamentali 19 milioni di voti per l’Unione di Prodi nel 2006 10 milioni e 750mila tutto compreso per Bersani nel 2013. Nemmeno nove milioni oggi mettendoci dentro dalla Lorenzin fino a Potere al popolo. Dieci milioni di persone svanite. Guarda caso i voti che oggi hanno i 5 stelle. Certo non tutti sono finiti li. Molti sono astenuti di lungo corso. Altri sono morti, un fenomeno di cui il PD che ha il cuore del suo elettorato tra gli ultra 65enni dovrebbe contemplare. Muoiono mezzo milione di persone l’anno, le tue percentuali sono destinate fatalmente a scendere più in fretta della concorrenza. Però tanti, tantissimi, di quegli elettori adesso sono accampati, come direbbe Prodi, vicino a Di Maio. I rimasti nel Pd, oggi sbandierano l’orgoglio di partito il notinmyname. Non hanno l’agilità intellettuale di Scalfari. L’uniforme che hanno indossato fino a domenica è ancora su di loro. Ma lo sappiamo e lo sanno anche loro quanti notinmyname hanno pronunciato, vero? Con Monti, con Berlusconi con Alfano, con Lupi, con Formigoni. Però Di Maio no. Sbaglia i congiuntivi. Ora, è possibile che tanti anni di compromessi abbiano trasformato le persone che conosco in individui geneticamente più vicini alla destra che alla sinistra. Però oggi la destra è Salvini, è Macerata. Questi mesi faranno chiarezza. Se per i rimasti, Questa o quella per voi pari sono, ebbene vi si addice il Cortigiani vil razza dannata. Ma torniamo a come facendo il giro attorno a se stesso Eugenio arriva qui dove sto io. Ci arriva perchè spera che il populismo pentastellato possa essere domato, educato, annacquato dai competenti piddini. E’ la ripetizione dello schema storico con cui ha portato la cultura economica laica ed azionista all’incontro con i comunisti. Uno schema vincente ma come ha dimostrato la seconda repubblica del tutto sterile. Ma si sa cambiare schema di gioco è difficilissimo. E io? Io anche mi ripeto, fino alla noia di me stesso. La gente che soffre, quelli che non sopportano più il giogo del neo liberismo, stanno li nell’accampamento. Avranno la forza di imporre il cambiamento? Se possono averla la possono avere solo con la maggioranza nelle camere e nel paese.Solo se alle categorie dell’incazzatura grillino sapranno aggiungere quelle dell’analisi della sinistra tradizionale, i rapporti di forza e di classe, che tengano la barra dritta capendo quali sono i rischi delle loro proposte tipo il reddito di cittadinanza, di cui parleremo in futuro. Poi può finire come in Grecia. Ma può finire anche peggio massimoroccahttp://www.blogger.com/profile/00076695018131484345noreply@blogger.com5tag:blogger.com,1999:blog-7299457369504100914.post-92055788122831791782018-03-06T20:27:00.002+01:002018-03-06T20:27:28.354+01:00La sera prima delle urneVedo un gran chiedersi, ma come ci siamo arrivati? Come è mai possibile che nel 2018 ci ritroviamo con il rischio concreto di essere governati da un condannato e da un pugno di seconde linee della xenofobia? Urge quindi un piccolo “riassunto delle puntate precedenti”.
Ve lo ricordate quando siete scesi quella notte nelle strade di Roma, con le orchestrine e le bande, intasando via del Plebiscito e facendo pernacchie alla sua uscita dal Quirinale? Ecco, tutto nasce lì, in quella notte in cui si decise che voi non eravate pronti, non eravate affidabili. Non potevate votare. Perché c’era lo spread e bisognava “fare presto”, come disse il Sole 24ore, incamminandosi verso la sua crisi senza ritorno. Sarebbe bastato, in quei giorni che Draghi dicesse “whatever it takes”. Sarebbe bastato che il vegliardo del Quirinale avesse detto: l’Italia è una grande Paese, fondatore dell’Europa e terrà regolarmente le sue elezioni. Ma Draghi era lì, ce lo aveva detto per lettera insieme a Trichet, per demolire il nostro Stato sociale e le nostre garanzie sindacali.
E il Presidente Emerito, fin dai carri armati a Budapest, aveva dimostrato una scarsissima fiducia nell’autodeterminazione dei popoli. Non votaste. Avemmo Monti e Fornero. La macelleria sociale messicana ci trascinò dal 100% al 133% di debito pubblico, dimostrando che la competenza dei politici può essere pari a quella di medici come Brega Massone. Votarono, loro, senza un plissé quel pareggio di bilancio in Costituzione, i soli in Europa a inserirlo in quel modo, senza darvi, ovviamente la possibilità di esprimervi in un referendum. Non si poteva disturbare il manovratore della mannaia dei tagli.
Pensate, in quel tardo 2011, nei primi mesi del 2012, i 5stelle erano poco più che un neonato, quasi ininfluenti sul piano nazionale. Ma l’ossessione per lo scalpo di ciò che restava del nostro welfare, la delirante litania del “ce lo chiede l’Europa“, in pochi mesi, li trasformò nella prima forza politica del Paese, almeno nel voto nei nostri confini. Dopo le politiche ci sarebbe voluto poco. Ci toccava superare la giustificata antipatia per Crimi e Lombardi, per guardare a chi li aveva eletti, e perché.
Bastava metterli alla prova, quella prova che essi chiedevano a gran voce. Eleggete Rodotà e si apriranno praterie. Con un web che ancora veniva davvero consultato, politiche davvero di sinistra avrebbero trovato strada spianata, ricordate quando la base ribaltò le idee di Grillo e Casaleggio sul tema rovente dell’immigrazione. E invece no. Meglio riammucchiarsi con Bonino, il duo di Letta e Alfano, lo sconfitto Berlusconi, ancora incredibilmente incensurato, il Magnifico Formigoni, Sandro Bondi, le nipoti di Mubarak e le igieniste dentali.
E poi, una volta finalmente inserito nel casellario giudiziario, decidere che B., con sondaggi attorno al 10%, fosse, orribile a udirsi dal rottamatore del leader Massimo, l’Uomo della Costituente, come già nel ’96. E intanto, continuare la strada di Monti, senza il suo lugubre aplomb, ma tra gradassate e smargiassate. Una rana enfia di dati immaginari. Con un Paese sempre penultimo in tutte le classifiche di crescita, raccontare di un nuovo Rinascimento. E poi esplodere il 4 dicembre e far finta di nulla. Mezzo passo indietro e avanti Boschi e Lotti. E sempre, tutti, in quella compagnia di giro a tirar fuori la battuta che fa venir giù il teatro. Il nemico sono i populisti delle scie chimiche. Ripensateci: il 4 marzo non ci sarà nulla di cui sorprendersi.massimoroccahttp://www.blogger.com/profile/00076695018131484345noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7299457369504100914.post-60882697626287843202018-03-06T20:26:00.001+01:002018-03-06T20:26:18.565+01:0050 sfumature di destraPartendo dall’estrema destra. Abbiamo gli squadristi. Certo abbiamo approvato una legge che dovrebbe impedire all’elettricista sotto casa di esporre gagliardetti di Salò e busti del Duce, ma intanto esponiamo regolarmente in televisione Forza Pound e Casa Nuova. Poi c’è Giorgia Meloni. Che è un caso facilmente riassunto dai suoi manifesti. Lei è convinta di essere Nicole Kidman, ma basta dare un’occhiata dal vivo per capire che siamo sempre alla versione romanesca di Alessandra Mussolini.
Un altro passetto e si arriva a Salvini. Lui da grande voleva essere Marine Le Pen, ma siccome è furbo, preso atto della labbrata ricevuta in Francia da chi presentava un programma rossobruno ha eliminato il rosso. Certo parla ancora dell’Euro, ma sapendo benissimo che in un governo Tajani non gli toccherà il compito di Varoufakis, andare a Bruxelles ed essere sbertulato dai tedeschi. Erediterà quindi, eventualmente, la poltrona di Minniti e riuscirà a farlo rimpiangere. Oscilleremo tra quelli con quella faccia un po’ così perché hanno visto Genova 2001 e continuano a stare in polizia, e un desiderio di High school americana, ah se l’insegnante eroe avesse avuto un kalashnikov che bel duello avremmo visto.
Un altro passetto e siamo alla destra cleptocratica di Berlusconi. Difficile aggiungere qualcosa alla sua biografia, ma vedrete che ci riuscirà. Un altro ci porta al di là del crinale che in questo sventurato paese dovrebbe dividere la sinistra dalla destra. Il Pd renziano. Che ormai è totalmente un partito di destra tecnocratica. Alla Macron o alla Ciudadanos, quelli per cui il manganellatore madrileno è troppo tenero con gli elettori catalani. Vedrete che alle europee i tre andranno insieme. Del resto le liste sono già infarcite di nomenklatura del vecchio centrodestra “presentabile” e peccato che Gianfranco Fini si sia fatto intortare dalla Tulliani, perché a Bologna c’era un altro posto in attesa.
Ed eccoci a LeU. Dispiace per brava gente come Civati e Fassina, ma si tratta di una normale destra socialdemocratica. Sono autori o complici di ogni passaggio di demolizione dei diritti sociali del lavoro in questo paese. Sono stati la concessionaria italiana del clintonismo bombarolo in Kosovo, del blairismo bombarolo in Iraq, di Schroeder e del suo Harz IV, ma a differenza loro non hanno firmato prima i contratti per le conferenze milionarie post carriera, quindi tocca continuare con la politica. Stravedevano dodici mesi fa per Schulz, e mi dicono che da quando Corbyn ha saputo che gli hanno rubato lo slogan, for the many not the few, sembri Pappagone “Aglio e fravaglio fattura ca non quaglia”. Hanno guidato da dirigenti o leader maximi una navigazione che li ha portati dal 30% ad uno sperato 6%, ma sono sempre certi della loro e nostra rotta.
Poi ecco i 5stelle. Qui non è stato facile. Ci sono voluti 5 anni a battere sui giornali e in Tv mazzate come Thor per piegare a destra una cosa ancora informe ma che voleva Rodotà presidente. Missione riuscita con Di Maio. Alle caratteristiche naturaliter di destra, come i ridicoli contratti ai parlamentari in spregio della più banale norma democratico costituzionale, all’ispirazione legge e ordine che solo in questo sciagurato paese sfugge al copyright conservator-reazionario, a furia di dipingerli come il male assoluto si è aggiunta la totale assenza nei 20 punti di ogni accenno ad invertire la deriva di sottomissione del lavoro al capitale, oltre che la dirimente questione del rispetto del fiscal compact, 40 punti di Pil in meno di debito che denota un odio antistatale alla Ron Swanson di Park and recreation, “dissanguare la bestia marcia dall’interno”. Però bisogna aggiungere che i 5 stelle sono innocenti. Fin qui non hanno colpe di governo, se non oneste incompetenze locali. Riserviamogli quindi la fiducia nella versione Davigo. Per adesso non li abbiamo scoperti.
Resta una piccola pattuglia che giustamente prende le mosse da un ex manicomio criminale e che è talmente consapevole delle condizioni che non si pone neppure l’obiettivo di sbarcare in Parlamento col 3%. Sanno che la Lunga Marcia era, al confronto, la passeggiatina serale col cagnolino.massimoroccahttp://www.blogger.com/profile/00076695018131484345noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-7299457369504100914.post-69118720658849541102018-03-06T20:25:00.003+01:002018-03-06T20:25:26.835+01:00Lettera ai bambini mai natiChe vi siete persi. La scritta sul muro perimetrale di un cimitero napoletano, dopo il primo scudetto di Maradona, mi torna in mente, adesso, per questa generazione non nata, “figlia” della crisi economica. Chissà cosa ci siamo persi, quanti nuovi o nuove talenti, quanti o quante geni erano lì, in potenza, nel buco demografico certificato dall’Istat, per la nona volta consecutiva dal 2008. Una coincidenza temporale che dovrebbe pesare come un macigno sulle coscienze di tutti coloro che hanno creato e contribuito, con la loro gestione sciagurata dell’economia, a spegnere la speranza, la voglia di proiettarsi nel futuro in questo, per ora, decennio perduto. Da 573mila nati a 464mila in un anno. Centinaia di migliaia, se continua così in un paio d’anni un milione di non nati.
Sono cifre da grande pandemia, da guerra mondiale. I nostri governanti del decennio, nelle loro forbite o scalmanate dichiarazioni, nel loro promettere anno dopo anno un ripresa inesistente, nel sottomettere ogni investimento, ogni servizio sociale, ogni spesa, alle fatidiche cifre di Maastricht, hanno sempre trascurato o taciuto questa strage degli innocenti. Napolitano, Berlusconi, Tremonti, Sacconi Monti, Fornero, Letta, Saccomanni, Giovannini, Renzi, Padoan, Poletti, come dei Cadorna sanguinari e ottusi hanno gettato agli ordini di Bruxelles e di Francoforte il paese contro le trincee dell’austerità, ondata dopo ondata, attacco uguale, dopo attacco uguale, misurando la vittoria in irrisori decimali di punto. Mentre decine di migliaia, centinaia di migliaia di padri e madri rinunciavano ad esserlo, non perché avessero d’improvviso scoperto gli anticoncezionali o deciso di sacrificare la famiglia alla carriera. Ma perché la carriera non c’era e con lei la casa, la certezza del reddito, mentre il welfare veniva spellato come una immensa cipolla. Che cosa vi hanno fatto perdere!massimoroccahttp://www.blogger.com/profile/00076695018131484345noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7299457369504100914.post-55656720879680618182018-03-06T19:58:00.002+01:002018-03-06T19:58:36.297+01:00AlamoLe stranezze della politica. Il partito perno del sistema, il partito dell’establishment, il partito dello statu quo, del non si può fare altrimenti diventa, in mano al bomba, il partito antisistema. Il partito del bambino che prende il gol e porta via la palla perchè gli altri non giochino più. Provate voi a fare un governo se non ci sono i nostri voti. Impossibile. Matematicamente impossibile. Come nel 2013, per altro. Dove nonostante aver ottenuto l’incostituzionale premio di maggioranza il PD si prestituì (prestarsi più prostituirsi) prima ad un accordo con il Caimano, poi una volta passato nel rango dei pregiudicati, con il suo braccio destro senza quid, e altri incensurati poi variamente incappati in telefonate, palestre, relazioni ed orologi compromettenti. Ma ovviamente senza un plissè dei moralisti che oggi si stracciano le vesti all’idea dell’osceno compromesso con i pentastellati che, cattivelli, per tutta la legislatura hanno mal parlato del governo. Mentre come sappiamo Berlusconi dei governi di centrosinistra parlava benissimo, direi con eleganza. Eppure allora dall’alto del Colle il vecchio malvissuto si permetteva di frustare le camere che lo avevano appena rieletto perchè non volevano utilizzare l’occasione della legislatura e in assenza di accordi si inventava perfino commissioni, prive di qualunque legittimità, nientemeno che per rifare la costituzione, prodromo del Nazareno e poi dell’osceno papocchio Boschiano rivendicato dal bomba in faccia al nuovo no degli italiani. Ma stavolta, guarda caso, è diverso. E’ giusto barricarsi all’opposizione, anzi pare che ai colloqui al Quirinale o con Di Maio il PD, non sapendo dal 2011 come si fa a dire di no ,abbia chiesto una consulenza a Crimi e alla Lombardi. Forse nella speranza di poter ripetere a parti rovesciate quel film. Niente governo coi 5 stelle. Resta il governo con la destra, anche se oggi ha la faccia maceratese di Matteo Salvini. Ma perfino io non credo a tanto. Credo che Renzi speri di dimostrare che lui comunque è il perno del paese. Ma per farlo deve assumere il ruolo antisistema. Minacciare e, se del caso, realizzare il fallimento immediato della legislatura. Il doppio voto. Ha in mano due carte spaiate e sul tavolo c’è la sua sopravvivenza e quella del suo partito. Essendo un baro continua a rilanciare, mischiando poker e blackjack nella speranza che il banco sballi. Ma accanto a lui giocano i poteri forti già pronti a riallinearsi e a srotolare la lingua dell’ammirazione. Ve lo ricordate Marchionne, i peana per il condacutor di Riano? Oggi già dice: si è visto di peggio dei 5 stelle. Peggio? Chissà chi? Sarebbe stato bello che qualche collega glielo avesse chiesto, peccato non facciano i giornalisti. E davvero quei poteri a partire dal Colle, insultato in conferenza stampa, lasceranno che il bomba faccia saltare la legislatura appena nata? Davvero gli eroi di forte Alamo, quando dovranno decidere di rinunciare dopo due stipendi a un quinquennio tra gli scranni resisteranno come Davy Crockett? Davvero nessuno penserà a quella cartina gialla e blu e a quei così pochi collegi sicuri? E davvero tutti si fideranno che sia ancora Renzi a distribuire in una notte delle candidature da incubo le poche sedie certe. E se lui non fosse più il segretario? Ah quanti dubbi in quei cuori.massimoroccahttp://www.blogger.com/profile/00076695018131484345noreply@blogger.com7tag:blogger.com,1999:blog-7299457369504100914.post-52661259924323980912018-02-11T14:57:00.001+01:002018-02-11T14:57:51.056+01:00MaceratoL’assassinio di Jo Cox, la deputata laburista, da parte di un fanatico appena una settimana prima del referendum sulla Brexit non ha avuto effetto su quel voto. Nonostante l’esplicita rivendicazione al grido di “questo è per il Regno unito” da parte dell’assassino, nonostante la unanime condanna della stampa britannica, nonostante i sondaggisti fossero certi che quel crimine avrebbe spinto gli incerti ad un voto emotivo a favore del Remain sostenuto dalla Cox. Non credo che, neppure da noi, la caccia all’immigrato lanciata da Luca Traini per le strade di Macerata, nonostante la candidatura a livello comunale per la Lega, il tricolore sulle spalle, e il saluto romano, sposterà voti nelle elezioni, tra meno di un mese. Penso che neppure la reazione, nella tragedia così simile alla barzelletta del io non sono razzista è lui che è negro, di Matteo Salvini, il fulmineo rovesciamento logico per cui la colpa del pogrom è di chi ha lasciato entrare in Italia profughi e immigrati, gli costerà sul piano elettorale. E’ quello che i suoi elettori pensano da tempo, ma anche fuori dalla destra, come diceva Foucault “ciò che io dico non è esattamente ciò che io penso, ma è frequentemente quello che mi chiedo se non potrebbe essere pensato”. Per questo lo scatto di automatica superiorità morale che in queste ore ci stiamo spalmando addosso come un balsamo, noi siamo buoni e civili, quello è il volto del male, loro sono il clintoniano basket of miserables, come in America dopo ogni strage in un campus, temo non ci porti lontano. Ovviamente si, è vero. Traini è un criminale, probabilmente corto di cervello, certo intossicato di propaganda e di paure. Salvini e Meloni ( ma allora di volta in volta anche Casaleggio senior, Grillo, Di Maio e Minniti) agitano e rimestano nel calderone del maleficio che sta sobbollendo da anni. Dalla strage di Castel Volturno, agli spari contro i vu cumprà senegalesi di Firenze, agli sgomberi di Piazza Indipendenza a Roma, cui si oppongono dall’altra parte le picconate di Kabobo o il massacro di Pamela Mastropiero. Ovviamente è tutto vero. Ma abbiamo scelto un terreno di scontro facile, elementare, viscerale e, la storia insegna, sostanzialmente inutile. Penultimi che scalciano gli ultimi, ultimi che si abbrancano ai penultimi, sulla scaletta che porta su dalla allagata terza classe del Titanic, verso il ponte. Quando l’acqua sale, la ragione si inabissa. Se non si contesta la rotta della nave, se non si critica il capitano per la folle velocità della corsa, se nessuno ha soprattutto pensato al numero delle scialuppe, nessuno può dirsi estraneo alla catastrofe morale che segue, e seguirà, quella materiale massimoroccahttp://www.blogger.com/profile/00076695018131484345noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-7299457369504100914.post-14832193778850486562018-02-05T13:34:00.002+01:002018-02-05T13:34:59.594+01:00La notte della RepubblicaProvo a volare più alto degli stracci. E lo faccio partendo da una frase di Carlo De Benedetti in una intervista, se ricordo bene, sull’Espresso di tanti anni fa. “Il partito comunista ha un prodotto pessimo ma un marketing eccezionale”. La storia dei primi venti anni di Repubblica è parte integrante di questa frase. Perchè il compito in parte esplicito, in parte obbligato di quel tratto della parabola fu, in sostanza, proprio questo. Sturare il naso tappato da Montanelli, abbattere il muro che divideva l’Italia, rendere accettabile e pienamente spendibile nella democrazia bloccata del nostro paese, quel terzo all’incirca di cittadini e quelle forze sociali e intellettuali che erano bloccate, incistate, negli equilibri della guerra fredda. Di fatto era la continuazione con altri mezzi delle strategie di Moro e Berlinguer, perfino del prima amicissimo e poi nemicissimo Cossiga. E per questo fu scontro, anche all’interno del giornale, con il craxismo che quel blocco voleva mantenere per ottenere non la liberazione dal ghiaccio ma la mutazione genetica dei comunisti, dopo aver realizzato quella dei socialisti. Repubblica, intellettuale collettivo, capace di esercitare l’egemonia culturale sulla sinistra. Quando il combinato disposto di Mani Pulite, della crisi economica, del crollo del comunismo reale si manifestò, Repubblica, la prima Repubblica, era di fatto il governo del paese. I nemici trascinati nelle aule di tribunale o assediati dalle televisioni nel cortile della Sapienza. Tra la vittoria dei sindaci di sinistra e la nomina del governo Ciampi era il sistema Repubblica a trionfare. Non dimenticherò mai la trionfale vasca di Transatlantico di Eugenio in occasione della fiducia al governo dell’ex governatore di Bankitalia. Ma, come sappiamo, quella vittoria venne ghermita e lacerata dall’emergere del Caimano. Il blocco sociale, prima nascosto nel ventre del pentapartito dimostrava, come disse con straordinaria acutezza Alberto Cavallari, di aver attraversato intatto il cinquantennio repubblicano così come la russia zarista era riemersa identica al crollo del comunismo. La Prima Repubblica (entrambe) aveva in un certo senso fallito. Bisognava cambiare prodotto, il marketing non bastava più. E la Seconda Repubblica (entrambe) spesero i successivi vent’anni nel tentativo di crearlo. Fallendo. Non credo mi faccia velo il sacrificio umano di mio padre, unica differenza strutturale tra la Prima e la Seconda Repubblica giornalistica, chiesto per altro esplicitamente dalla proprietà. ”Pensi che farei un piacere alla proprietà e anche a Ezio Mauro, se mi levassi dalle palle” “Credo proprio di si”, rispose Eugenio. E credo caso unico nella storia, ad un condirettore uscente non fu affidata neppure una rubrichetta su qualche testata dell’ormai tentacolare gruppo editoriale. Il cambio di prodotto, che doveva approdare al PD, si realizzò nella erratica congerie di tentativi di battere il blocco sociale e, oggi si può dire sentenze alla mano, criminoso del centrodestra. Ma quel prodotto, come ogni prodotto politico, aveva bisogno di una mitologia. Decaduta quella berlingueriana della sinistra austera ed eticamente superiore, rimaneva quella dell’Europa. Capace di raddrizzare con i suoi vincoli il legno storto della società italiana e, chissà, di fare argine all’Unfit che se ne era impossessato. Purtroppo la nuova metafisica, alla dura prova dei fatti, non si sarebbe dimostrata meno fallata dell’altra. Mentre il prodotto, esperimento dopo esperimento bruciava Prodi, D’Alema, Amato, Rutelli, Fassino, Veltroni, Franceschini, Bersani, Letta e Renzi, ogni sua nuova versione spostava sempre più, da una legge Treu fino all’abolizione dell’articolo 18, il baricentro verso un centro tanto immaginario quanto inafferrabile elettoralmente. Ed ogni cedimento, come nel tiro alla fune, rendeva solo più forte l’avversario. Quando la nuova crisi esplose, l’intervento europeo tra risatine e manovre sullo spread sembrò poter riuscire in quello cui il prodotto aveva fallito. L’epifania di Monti, un colpo di genio di Napolitano, sostenevano all’unisono Editore e Fondatore sembrò loro un secondo governo Ciampi, invece del commissario liquidatore, su programma dei governatori francofortesi, di ogni residua istanza di centrosinistra. Dalla concertazione alla sua abolizione, tanto per dirne una di metodo. Non si rendevano conto, entrambi e con loro quell’eccellente professionista di Mauro che essi erano il bambino all’interno dell’acqua sporca che stavano gettando via. Ricordo la paternalistica, inusitata violenza verbale con cui Eugenio liquidava, quasi diseredandola del suo cognome, i dubbi di Barbara Spinelli sulla traiettoria dell’Europa reale, mentre si tesseva il quotidiano panegerico su Ventotene. E se quella era la linea, allora e inevitabilmente, il nemico impercettibilmente, inavvertitamente non era più il Mackie Messer degli editoriali anni 90, ma il populismo grillino. Per loro Hyksos, di raccapricciante ignoranza, di aspetto tanto spaventoso quanto dovevano sembrare i proletari, fangosi e monocigliuti, ad un nobile zarista. Il prodotto dunque si schierò tutto a guardia dell’argine, ma guardando verso terra, ove resta tuttora. Ignaro, quasi tuttora, che alle sue spalle ruggisca il fiume montante di una destra cui, lasciato il campo completamente libero nel sociale, non resta che rivendicare anche il razzismo. Per cui non errore di un ingrato, svanente, nonuagenario , ma inevitabile compimento di una strategia diventa l’endorsment al Caimano piuttosto che allo “sfaccendato” di Deluchiana definizione. E quando l’Editore, oggi, rimprovera il Fondatore è solo un tragico Dorian Gray alle prese con il suo ritratto. massimoroccahttp://www.blogger.com/profile/00076695018131484345noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-7299457369504100914.post-88766764001881030642018-01-25T13:24:00.002+01:002018-01-25T13:24:46.241+01:00Un sacco brutto3.500.000.000.000.000. Tre milioni e mezzo di miliardi. Di sacchetti di plastica. Meglio, di quote della tassa da 2 centesimi su quelli per le verdure. Se lo studio di Bank of America ( http://www.repubblica.it/economia/finanza/2018/01/14/news/climate_change_bofa_merril_lynch-186069812/?ref=RHPPBT-VE-I0-C6-P10-S1.6-T1 )sulle misure necessarie a parare la catastrofe globale del cambiamento climatico è corretto queste sono le dimensioni del problema. Per evitare che il termometro vada fuori scala, da 4 a 12 gradi in più, alla fine della vita dei miei figli, occorre intervenire subito e in maniera massiccia. Quella cifra all’inizio corrisponde ai settantamila miliardi di dollari che serviranno da qui al 2040 per realizzare la transizione ad un mondo sostenibile. Il problema dei sacchetti è quindi, se credete agli scienziati, risibile. Facendo rapide divisioni il costo per ripulire il pianeta vale circa 10mila dollari per essere umano attualmente in circolazione. O, se preferite, una cinquantina di annate del PIL del nostro paese, o più o meno un anno intero del Pil mondiale. E’ ovvio che i due centesimi sono assai meno del proverbiale ditale per svuotare il mare. Ma non devono essere presi sottogamba perchè ci interrogano su una cosa fondamentale. Questi soldi chi li deve tirare fuori? La soluzione sacchetto dice in maniera esplicita voi, noi. I consumatori finali. Prima indotti, inconsapevolmente, a portare il pianeta sull’orlo della distruzione, fin da quando Bramieri ci canticchiava “ma signora guardi ben che sia fatto di Moplen”, e adesso chiamati a pagare le pulizie. Chi questo modello di sviluppo, come si diceva una volta, ha voluto e su cui ha costruito immense fortune, niente. La vecchia regola del chi rompe paga non vale. Qualcuno ha fatto davvero il conto del costo che gli abitanti del pianeta dovranno pagare per il dieselgate, cioè solo per la parte truffaldina del sistema ecologico-economico di questi ultimi anni. Sarà compensato dalle multe? Possiamo dubitarne sulla scia della vicenda amianto? Perchè, sapete, l’allarme non è di oggi.
Tanto per dire il primo sulla famosa isola di spazzatura plasticosa che galleggia nel Pacifico è della metà degli anni ottanta. Praticamente coevo della scoperta del buco nell’ozono. Ma, siccome combattere i gas CFC non era tanto costoso per il sistema, il buco ormai è quasi chiuso. L’isola di plastica, invece, potrà tra breve essere utile come zattera per le popolazioni costiere. Ma anche a non voler essere “punitivi” nei confronti dei produttori, perchè sappiamo, “comprendiamo”, che è più facile fare pagare poco a mille che tanto a uno, non sarebbero quei 70mila miliardi di investimenti un momento d’oro per il ritorno dello stato imprenditore di cui parla Marianna Mazzuccato e di una economia non basata solo sui profitti di pochi ma sugli interessi generali? Perchè, sia chiaro, i 34miliardi di investimenti VW o gli 11 di Ford per le auto elettriche da qui al 2025, li pagherete tutti voi, a listino. Non sarebbe ora di un piano Marshall planetario, un patto, questo sì, a debito pubblico con le generazioni future ( che altrimenti se la passeranno davvero male,se ci saranno)?
massimoroccahttp://www.blogger.com/profile/00076695018131484345noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7299457369504100914.post-85273998231445378742018-01-22T10:42:00.001+01:002018-01-22T10:42:23.413+01:00#MetooC’è qualcosa che ricorda la genuina sorpresa del marito manesco nelle reazioni che vengono dal Pd, dopo il no all’accordo in Lombardia da parte di Liberi e Uguali. Quel chiedersi perplessi, ma perché mi odi? Che ti ho fatto? E anche negli appelli dei padri nobili, che sembrano più i figli disperati delle coppie divorziate male, e che fantasticano di un’armonia familiare che non c’è mai stata. Un po’ come deciso da alcuni giudici di Torino, quello che è successo alla sinistra all’interno del Pd non configura il reato di maltrattamenti. In fondo una sberla ogni tanto non cagiona “un disagio continuo e incompatibile con le normali condizioni di vita” e perché si sarebbe trattato di “atti episodici” che erano accaduti “in contesti particolari.
Qualche voto di fiducia episodico, qualche legge particolare, anche rottamare la Costituzione non impediva le normali condizioni di vita. Per esempio Emiliano e Orlando pare siano ancora in discreta salute e Fassino è stato visto perfino un po’ più in carne.
Ma la cosa bella, almeno a leggere Gori, è la convinzione che l’odio sia una questione di gerarchie, di nomenklatura. Roba da D’Alema. E questo è davvero strano perché, anche a prescindere dal diverso atteggiamento nel Lazio, se qualcosa ci dicono i sondaggi, già in calo, per la formazione di Grasso è proprio che il potenziale elettorato è molto, ma molto, più incazzato rispetto a dirigenti che hanno trangugiato quasi tutto in questi anni, a partire dal novembre 2011 e fino alle più recenti votazioni sulla legge elettorale, almeno per quel che riguarda Boldrini.
Annegati nella loro colossale autocostruita fake news dei Mille giorni, i Democratici sono convinti che tutto questo un po’ sia piaciuto, che diceva di no ma ci stava, e poi sapessi come sono diffuse le fantasie di sottomissione. Per la gente in carne e ossa, invece, sono stati anni di diritti persi, di stipendi calanti o scomparsi, di lavori a tre mesi, tre settimane, tre giorni, pensioni che si allontanano come la tartaruga da Achille. Per cui, per questa rabbia immensa, come direbbe il Cyrano di Guccini, non basta copiare lo slogan di Corbyn, bisogna copiarne anche i comportamenti politici. “Instead of career they had causes”.massimoroccahttp://www.blogger.com/profile/00076695018131484345noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7299457369504100914.post-59072301415204021292018-01-06T19:44:00.001+01:002018-01-06T19:44:33.422+01:00Meraviglie. La penisola dei tesoriE così, tra un paio di mesi, ci toccherà vedere la quarta resurrezione. E Matteo Renzi si aggiungerà ad Occhetto, D’Alema, Veltroni e Bersani nella lunga teoria degli sconfitti da Berlusconi. Un Berlusconi ormai transitato dalla chirurgia estetica alla tassidermia, identico nel colore del legno e nella conciatura della pelle alle sedie di Cantù che ornavano i tinelli del proletariato anni settanta. Accompagnato da tipi che fanno ripensare a Fini e Bossi con la reverenza che si riserva ai Pari d’Inghilterra. Siccome si tratta di un cinepanettone stravisto, dal titolo La gioiosa macchina da guerra a vocazione maggioritaria, non ci sarebbe neppure da spendere due parole per trama e critica. E tuttavia il regista è riuscito in una operazione miracolosa. Fare peggio delle altre volte. Rendersi del tutto inutile. Perchè tra tutte le scelte che troveremo sulle schede del Rosatellum, una sola non serve veramente a niente. Il voto al Pd. Perfino il voto a Liberi e uguali/Libere e uguali, se no mi si offende la Presidenta, ha un suo perchè. Abbattere Renzi, anche a costo di votare per una banda di complici,, prima e di succubi poi della globalizzazione che adesso, ci spiegano, è diventata tanto brutta, sapesse signora mia. Votare per la sedia di Cantù, è un po’ come richiamare Valcareggi dopo Ventura, serve almeno a sentirsi giovani come eravamo un quarto di secolo fa. Come su un muro sbrecciato della ex Jugoslavia “torna Tito tutto è perdonato”, torna Silvio. Condanne, mignotte, braccia destre in galera, lo spread, i caroselli e i girotondi, ci ha detto Scalfari, sono da dimenticare e noi ci fidiamo. Oh se ci fidiamo. Perchè così fermiamo i barbari, rozzi, ignoranti pentastellati. E ci prendiamo Salvini con la Meloni di contorno. Votare per i rozzi, dio se lo sono, è, sarebbe, potrebbe essere, l’unico voto utile per fermare costoro. Ma siccome non sono Macron dio ve ne scampi e liberi. Che poi non siano Macron, sarebbe tutto da vedere perchè l’odio congenito per lo Stato, inteso come erogatore di servizi e beni ce l’hanno. Mi è cascato l’occhio su un elogio di Giggino a Cottarelli e alla spending review, un ziczaccare di forbici da 50 miliardi di sprechi e corrruzzzzione che farebbe inumidire l’occhio al lugubre Monti. Ma comunque votare per loro significa, per chi lo fa, provarci. Male che vada Spelacchiati lo siamo già quasi tutti. Votare Pd non serve a niente. Non evita la vittoria di nessuno, non contribuisce alla vittoria di nessuno. Mission accomplished, indeed.massimoroccahttp://www.blogger.com/profile/00076695018131484345noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7299457369504100914.post-34588932490292960842017-12-23T18:18:00.001+01:002017-12-23T18:31:25.617+01:00Ad Ebenezer Scrooge<iframe width="100%" height="100" scrolling="no" frameborder="no" src="https://w.soundcloud.com/player/?url=https%3A//api.soundcloud.com/tracks/373519565&color=%23ff5500&auto_play=false&hide_related=false&show_comments=true&show_user=true&show_reposts=false&show_teaser=true&visual=true"></iframe>
Uno dei passaggi chiave del mondo in cui viviamo è stato il prevalere del nostro essere consumatori sull’essere produttori. Ogni volta che consumiamo partecipiamo, consapevolmente o meno, al processo di sfruttamento di qualcuno da qualche parte della catena produttiva distributiva. Certo, consumando alimentiamo anche quella catena lungo la quale ci sono lavori, impieghi, redditi che costituiscono la fonte di sostentamento della gente. Ma la prevalenza del consumatore sul produttore ci spinge inesorabilmente a sperare, a volere, a contribuire allo schiacciamento del costo di ciò che compriamo, ignari o indifferenti al fatto che questo accadrà prima o poi inevitabilmente anche alla catena di cui noi facciamo parte.
Ci sono però dei momenti che improvvisamente ci rendono consapevoli. Lo sciopero degli addetti al magazzino di Amazon nel giorno del black friday, la battaglia dei dipendenti di Ryan air il licenziamento della impiegata dell’Ikea, la consegna da me di una spesa fatta online ad Eataly, sotto una pioggia scrosciante, da un povero ragazzo in bicicletta. Cui, magari, piace tantissimo pedalare anche nei giorni liberi se ne ha, ma che sicuramente non lo stava facendo come millanta il sito che lo ingaggia per una rinnovata coscienza ecologica nel campo del delivery. Per lui era solo decrescita felice mentre, massimamente infelice, qualche azionista o amministratore delegato, dal sedile di una Mercedes o dalla plancia dello yacht stilla lacrime sulle foreste amazzoniche. Ma forse qualche segnale positivo c’è. In Spagna hanno appena stabilito che i pedalatori di uno di questi gruppi non sono lavoratori autonomi, con tanto di bici propria, mancata assicurazione e contributi latitanti. Sono dipendenti. Così come i dipendenti di Amazon italia dovrebbero avere il contratto dei postelegrafonici, secondo l’Authority. Così come Uber non è un servizio di appuntamenti automobilistici ma una compagnia di Taxi sia pure 2.0. Insomma basta , basterebbe, avere la volontà politica di imporre leggi ed il loro rispetto. E poi star lì a vedere i capitalisti che rinunciano a mercati pregiati come quello italiano. E siccome da qui a poco toccherà votare, forse è meglio non irridere alle proposte di Gigino Di Maio sulle festività da far rispettare anche nella distribuzione, a meno di non renderle facoltative e strapagate. Perchè la battaglia vincente della sinistra del futuro è la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario verso il limite delle 30 ore che già ha adottato l’Olanda. Perchè mai come oggi suonano profetiche e di “sinistra” queste parole “onorevole collega, partiamo dalla premessa che in un dato Paese vi siano cento milioni di operai occupati, con un salario medio di un dollaro al giorno per 800 milioni di ore di lavoro al giorno - non esistono disoccupati, non si parla di crisi, gli affari vanno - ad un tratto uomini di genio inventano un qualcosa che permette, con 75 milioni di uomini, di compiere il lavoro che prima ne richiedeva cento. Ci saranno 25 milioni di disoccupati, la domanda e i consumi si ridurranno e dopo un po' grazie ad una "catena paurosa" basteranno 60 milioni di operai a produrre quanto chiesto dal mercato. Che fare per uscire dal collasso spaventevole? Ridurre le ore lavorate da 800 a 600 mantenendo invariate le paghe" Sono di Giovanni Agnelli, il fondatore, e sono del 1933 contro il liberal liberista Luigi Einaudi
massimoroccahttp://www.blogger.com/profile/00076695018131484345noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-7299457369504100914.post-27910121129845420382017-11-22T17:08:00.002+01:002017-11-22T17:08:44.480+01:00Annuncio funebre.<iframe width="100%" height="100" scrolling="no" frameborder="no" src="https://w.soundcloud.com/player/?url=https%3A//api.soundcloud.com/tracks/359438474&color=%23ff5500&auto_play=false&hide_related=false&show_comments=true&show_user=true&show_reposts=false&show_teaser=true&visual=true"></iframe>
Ed infatti, eccoci qui. Al momento della scelta, la scelta è fatta. Tra Di Maio e Berlusconi scelgo Berlusconi. E’ l’undicesima risposta, quella che rinnega trent’anni di lavoro e si autoconsegna alla inutilità di un’esistenza. Perchè ovviamente Scalfari sa chi è Berlusconi e con chi si accompagna. Sa che, per quanto di destra, ignorante, pressappochista, dilettantesco ( in pieno accordo con la definizione deluchiana di “sfaccendato”) possa essere Gigino Di Maio, non è un pregiudicato interdetto dai pubblici uffici, non ha il principale ideologo del suo movimento in galera per associazione mafiosa, non ha il suo migliore avvocato radiato e in galera per aver corrotto i giudici che cercarono di sfilargli da sotto il culo il suo gruppo editoriale. Sa che per quanto economicamente ignorante e dilettantesco il movimento 5stelle non porta la responsabilità della grande crisi del 2011 ( almeno secondo la vulgata di Repubblica essa sarebbe di Berlusconi). Sa che con Di Maio non corrono e quindi non non salirebbero al governo Salvini e Meloni. Però al momento della scelta, che ad esempio si è dovuta fare in Sicilia o ad Ostia, il Fondatore sceglie Berlusconi. Certo lui non lo voterà. Inseguirà ancora la chimera del PD, così come io inseguirò ancora la chimera di chi chiede il ritorno della revoca di un licenziamento illegale e non della sua monetizzazione. Poi, però, in un giorno qualunque della prossima primavera, fatto lo spoglio e verificato il presumibile stallo, toccherà dire chi dovrà formare il governo. E ancora una volta, come con il tanto rimpianto duo Letta Napolitano, la canzone sarà quella delle larghe intese da Arcore al Nazareno. Mi tocca riproporre la frase usata, per ricordarlo, nel secondo anniversario della morte di mio padre. Vivo, moriresti di rabbia.massimoroccahttp://www.blogger.com/profile/00076695018131484345noreply@blogger.com5tag:blogger.com,1999:blog-7299457369504100914.post-28554315570960309952017-11-07T18:54:00.000+01:002017-11-07T18:54:12.317+01:00L'argine"No poverello, soffrì nun soffre". Le due donne camminano in riva al mare subito dopo la dissolvenza che ha lasciato Vittorio Gassman al tappeto bofonchiare "so’ contento". "Io me lo magno" le ultime parole pronunciate prima di alzarsi dall’angolo da cui Tognazzi gli dice buttati che siamo alla seconda ripresa. Paragone irresistibile con il fu Matteo Renzi, che dalla metaforica carrozzella continua a bofonchiare me lo magno, mettendo insieme, come il suonato che è, il 40% della vittoria alle Europee e il 40% della trombata al referendum. Non soffre. Ai cazzotti che fanno male ha fatto l’abitudine dopo quell’euforia ingannatrice della notte europea. Torino, Genova, Roma, la Liguria la Sicilia, Livorno, L'Aquila, Piacenza, Asti, in un compatto moto di ripulsa che, a differenza di quanto accadeva con Berlusconi, odiatissimo da noi ma amatissimo dai suoi elettori, non si realizza con l’aumento dei nemici ma con la fuga disgustata degli amici che corrono a bruciare le tessere elettorali, manco fossero le cartoline precetto per il Vietnam. A parte la pietà umana, che Renzi vada al tappeto e con lui il partito democratico, questo ippogrifo irreale e mal disegnato, a me va benissimo. Cioè mi andrebbe benissimo se ci fosse qualcuno che, sia pure per il cinico calcolo di vincere la borsa dell’incontro, dicesse buttati giù, è un incontro farsa, una truffa per gli spettatori. E invece niente, mentre il sangue riga la faccia pesta sono tutti lì a ragionare sul jab, sulla guardia, il gioco di gambe. Che sarebbe il mettiamoci Minniti o Gentiloni o Franceschini o Pisapia o Grasso alla guida del tritacarne che ha inghiottito la sinistra italiana. Ancora con la stessa idea che il compito principale della sinistra sia quello di opporsi al populismo dei 5 stelle, il famoso argine. Solo che, a furia di fare la guardia all’argine di sinistra, nessuno si è accorto che l’acqua stava salendo pure su quello di destra. E che il corso del fiume a valle diventava sotterraneo e non c’era più nessun argine, solo il mesto arrancare delle acque nel sottosuolo come il Seveso o i torrenti interrati di Genova. Solo così si spiega il delirio di una legge elettorale che è stata fatta contro Di Maio e per obbligare Berlusconi ad un appoggio da vassallo e che ormai è quasi certo darà la vittoria parziale al centrodestra pure nel resto d’Italia, non solo tra gli impresentabili della Sicilia, e ridurrebbe il Pd all’ Alfano della prossima legislatura. Solo così si possono ancora sommare i pochi voti di Fava e di Micari sognando il 40, mentre il risultato da 25. Solo così si può ignorare che i voti di Fava insieme e a quelli di Cancelleri avrebbero evitato il ritorno della Sicilia tra le fauci del Caimano. E se a Ostia Casa Pound e il clan degli Spada aggiungeranno il loro peso ai fascisti in doppio petto, solo i voti del Pd potrebbero fermare la Suburra scegliendo i 5 stelle, ma ovviamente no, la piccola vedetta sull’argine ha già detto che non ci si schiera. Discorso logico, legittimo perfino quando all’angolo tra paradenti insalivato e qualche passata di spugna si pensava di essere primi o al massimo secondi lì lì. Ma se si finisce terzi? E la retorica del voto utile? E le pippe sul second best? E la scomunica a Melenchon perchè non si schierava tra Le Pen e Macron? Sempre lì a raccontarsi che “ In tutto l'Occidente, la divisione classica è tra la sinistra di governo, riformista, e quella di opposizione, radicale” Ancora? Dopo Corbyn? E ancora con la sinistra riformista italiana? Quale ? Quella dell’articolo 18, della Fornero? Dell’alternanza scuola lavoro? Di Poletti. IO soffro, eccome se soffro!massimoroccahttp://www.blogger.com/profile/00076695018131484345noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-7299457369504100914.post-80737638694667455032017-10-27T18:18:00.003+02:002017-10-27T18:18:14.687+02:00Dal bar in piazzaMa se quello che, dopo essere stato cacciato dal governo da un plebiscito di voti popolari, ha trascinato in piazza gli stracci sporchi di Bankitalia, costretto il governo a mettere le fiducie sulla legge elettorale in entrambe le camere facendo trasalire le vecchie e sperimentate giunture perfino dell’emerito Napolitano, indotto il presidente del Senato ad andarsene disgustato dal partito, fatto mancare i “suoi” ministri dal consiglio sulla proposta di nuovo governatore da presentare al capo dello Stato, fosse stato Silvio Berlusconi e se il suo partito si fosse chiamato Forza Libertà o Popolo d’Italia, scusate sono un pensionato e non mi ricordo, oggi non ci sarebbero tutti i giornali per bene a chiamarci alle piazze e soprattutto alle urne per erigere un baluardo contro l’avventurismo e il populismo? Se fosse un oscuro ex steward del San Paolo assunto , nell’immortale definizione di De Luca , alla condizione di sfaccendato non saremmo qui a dire che la sfida è tra chi ha il senso delle istituzioni repubblicane e chi ha una concezione del partito ispirata a quel filosofo di Pietro Savastano? Non si tuonerebbe all’anomalia mai sopita, citando il ribellismo delle classi dirigenti, ed elencando i cadaveri eccellenti che il pistolero toscano si lascia dietro nella sua versione di Scarface? No? Così solo per sapere, tanto per regolarsi tra un mano e l’altra di tressette.massimoroccahttp://www.blogger.com/profile/00076695018131484345noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-7299457369504100914.post-11650326881735844622017-10-25T17:51:00.005+02:002017-10-25T17:51:55.965+02:00Il silenzio per gli indecentiUno dei grandi vantaggi della mia recente condizione è quello di potermi risparmiare il giorno per giorno. Quante cazzate e pensieri pseudo profondi che uno si trova ad applicare agli spostamenti minimi della politica.Pensate che, lavorando, avrei dovuto commentare l’apertura di Speranza a Renzi , appena tre giorni prima di veder salire il suo non ancora partito al Colle per annunciare l’uscita dalla maggioranza. Mi sarei dovuto appassionare alla ribollente attività che circonda il miserabile meccanismo della legge elettorale, unica vera mission di chi ha da depositare il culo anche per i prossimi 5 anni. Oppure ai referendum padani, manco Gentiloni fosse Rajoy. Politica politicante. Cui, davvero, non so perchè andiate ancora dietro. Mentre le cose serie che dovrebbero riempire le piazze come fossimo a Barcellona sono gli esiti, i residui della gestione della crisi. La pensione a 67 anni per tutti (scusatemi), record europeo che supera ogni logicità in uno dei paesi con la più alta disoccupazione o sotto occupazione dei giovani. L’aberrante sentenza della Consulta di oggi che in un paese che certifica oltre cento miliardi l’anno di evasione sostiene che il decreto Poletti rubando ai pensionati solo 30 miliardi invece di 32 realizza un “un bilanciamento non irragionevole tra i diritti dei pensionati e le esigenze della finanza pubblica". E io dovrei appassionarmi per questi nani, che votarono compatti il pareggio di bilancio. Ricordatevelo. Alla camera il 30 novembre 2011 464 e 0 no, con 11 eroici astenuti e 153 ignavi assenti o in missione per poter dire io non c’ero. Ricordatevelo. Al Senato il 15 dicembre del 2011 255 favorevoli, 0 contrari, 14 gloriosi astenuti e 52 mangiapane a tradimento che si diedero alla fuga. Avete capito? 0 voti contrari su 945 parlamentari e uno spicciolo di senatori a vitamassimoroccahttp://www.blogger.com/profile/00076695018131484345noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-7299457369504100914.post-46385891838658251672017-10-09T17:36:00.002+02:002017-10-09T17:38:35.829+02:00Ampio e inclusivoAdesso uno può dire che si tratta del vizio eterno della sinistra divisiva. Lo diranno tutti quelli che negli ultimi giorni avevano avuto un rigurgito priapico all’idea del Nuovo Ulivo, insomma gente, e colleghi, risolutamente abituati alla marcia indietro e allo specchietto retrovisore e che vorrebbero affrontare il secondo ventennio del 2000 come l’ultimo decennio del novecento. Io invece vorrei parlare, all’opposto, dell’eterno vizio della sinistra “ampia e inclusiva”. Siccome non abbiamo uno straccio di idea comune, pardon,non abbiamo uno straccio di idea, mettiamo insieme più sigle e più “personalità”, anche se la parola affiancata ai nomi che circolano fa un po’ ridere, cosicchè i famigli e i liberti di questi clan assommati si trasformino in una massa critica e dagli atomi nasca il soggetto. Nei fatti si trattava di mettere insieme chi ha dato il via ai comitati per il no al referendum costituzionale, chi è uscito da un partito perchè si è schierato contro quella riforma, chi l’ha pubblicamente appoggiata per andare ad un accordo di governo con chi l’ha scritta. Ma che senso ha? Come si poteva immaginare che chi non condivide una Costituzione potesse, dovesse condividere una prospettiva politica, un programma, se non immaginando ambedue come un bassissimo cabotaggio nel mondo flou del politicamente corretto? E’ di questo che abbiamo bisogno? Perchè di una forza di sinistra si può tranquillamente fare a meno come, volenti o nolenti, si è fatto in questi anni. A meno di non voler agire un programma di sinistra alla Corbyn. Ed un programma di sinistra, significa in primo luogo schierarsi contro, spazzare via chi ha gestito la desertificazione della sinistra, i Blair i Brown i Milliband locali. Se no, come si dice nella capitale, è un cazzo e tutt’uno. Sento l’obiezione. E allora D’Alema e Bersani? Bravi! Avete capito, anche voi,che ampia e inclusiva la sinistra non può nè deve essere, se non dei problemi e dei dolori dei suoi elettori e delle risposte da proporgli. Se no, l’indistinto ampio e inclusivo c’è già, almeno dal 2013.massimoroccahttp://www.blogger.com/profile/00076695018131484345noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-7299457369504100914.post-72169321214661413102017-10-05T20:17:00.002+02:002017-10-05T21:36:28.445+02:00Una cagata pazzesca<iframe width="100%" height="100" scrolling="no" frameborder="no" src="https://w.soundcloud.com/player/?url=https%3A//api.soundcloud.com/tracks/345512010&color=%23ff5500&auto_play=false&hide_related=false&show_comments=true&show_user=true&show_reposts=false&show_teaser=true&visual=true"></iframe>
Il villaggio Potemkin è una cagata pazzesca. Perchè a differenza del capolavoro cui il Villaggio con la maiuscola rendeva omaggio replicandone la ribellione, ti nasconde la realtà della carne marcia. Come forse saprete il villaggio è una fake news al quadrato. La falsa storia di un villaggio falso che veniva costruito in Russia per far vedere alla zarina come le cose andavano bene. Ed è in questo falso su falso che è incappato Ezio Mauro nel suo meritorio sforzo di dare un senso alla sinistra di oggi. All’indomani delle elezioni tedesche Mauro si chiedeva sgomento se qualcuno sapesse delle difficoltà economiche che spiegavano l’affermazione dell’Afd e il tracollo della SPD. Una domanda più che giusta se non fosse venuta dall’uomo che ha avuto per un ventennio nelle mani lo strumento per raccontare a tutti, almeno da noi, come stavano quelle cose invece di additare la Germania a modello. Mauro ha dunque scoperto la falsa facciata del villaggio economico chiamato economia sociale di mercato, il trademark berlinese, ma non ha ancora scoperto di averne fatto parte, aggiungo, conoscendolo, in perfetta buona fede. Perchè nell’altro suo articolo, la sinistra senza compagni e senza storia, Mauro pensa ancora oggi che in quei suoi, e miei, lunghi anni che coincidono con la vittoria dell’Ulivo prodiano la sinistra italiana abbia esercitato il ruolo di spina dorsale di un sistema malato per tutto il lungo periodo della crisi economico-finanziaria dell'Occidente. “Perchè -aggiunge- non c'è coscienza che la responsabilità politica e istituzionale sia la forma moderna di un riformismo governante”. Non c’è dunque un dubbio che l’azione che si snoda dalle leggi Treu a quelle Poletti, passando per Fornero, che l’azione di Ciampi, “la moneta unica sarà un chiodo per arrampicarci o a cui impiccarci”, passando per quella di Padoa Schioppa, “bisogna attenuare quel diaframma di protezioni che nel corso del Ventesimo secolo hanno progressivamente allontanato l'individuo dal contatto diretto con la durezza del vivere, con i rovesci della fortuna” per approdare alla riforma costituzionale di Renzi e Pisapia, non sia stata una specie di resistenza al dilagare delle forze che hanno ridotto così la Germania, e quindi figuratevi gli altri, bensì una sua componente decisiva. Che quella spina dorsale dell’hombre vertical sia stata andreottianamente incurvata fino a divenire quella di Riccardo terzo. A Mauro, come a voi, debbo l’ammissione esplicita di aver condiviso con lui l’apprezzamento per il villaggio in cui mi sono aggirato dal 96 al 2011, accecato dall’orrore che il berlusconismo aveva sparso al di fuori di quelle vie di cartapesta. Ma la lettera dei governatori Trichet e Draghi quel fondale lo ha lacerato con tanta evidenza che perfino io l’ho capito. Continuare a percorrere quelle vie invece di Villaggio e Salce finisce per far pensare a Fellini e al tragico patetico Sordi, nel dopo carnevale dei Vitelloni. Sordi, si quello della pernacchia ai lavoratorimassimoroccahttp://www.blogger.com/profile/00076695018131484345noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-7299457369504100914.post-33532592644142137222017-10-01T12:38:00.001+02:002017-10-02T20:09:45.228+02:00Omaggio alla Catalogna<iframe width="100%" height="100" scrolling="no" frameborder="no" src="https://w.soundcloud.com/player/?url=https%3A//api.soundcloud.com/tracks/345031771&color=%23ff5500&auto_play=false&hide_related=false&show_comments=true&show_user=true&show_reposts=false&visual=true"></iframe>
Ragionare per analogie può essere un problema. Però talvolta serve. Perchè il Sud Sudan si e la Catalogna no? Prescindiamo per un momento dal merito della vicenda. La risposta può essere una sola. Ci sono luoghi del mondo in cui la Storia può ancora svilupparsi, evolvendosi o involvendosi, ed altri che hanno raggiunto uno stato di perfezione, di omeostasi, che va preservata in quanto tale e dove la Storia può solo scorrere in argini predefinita. E' la risposta, implicita, non detta dei difensori dello status quo. Ma è una risposta che non ha alcun senso. Davvero è la parola di chi nel manicomio afferma di essere Napoleone. Perchè chi l'afferma oggi, nella sua giovinezza o iniziale maturità ha assistito spesso entusiasticamente al dissolversi degli imperi coloniali. Una sessantina di nazioni, studiate in geografia da mio padre sono più che triplicate nello studio dei miei figli. Confini, etnie, religioni, lingue sono state frullati in tutti i modi possibili, con tutti i mezzi possibili, dai pacifici trattati alle guerre civili. Quelli erano i luoghi della Storia in azione. Storia che non può agire nella Spagna che ha raggiunto l'optimum. Può agire in Jugoslavia, può agire in Unione Sovietica, può agire in Serbia, può agire in Ucraina, può agire nel Kossovo, può agire nel Donbass. Può agire in Gran Bretagna e Scozia. Non può agire in Spagna e in Catalogna. Ma chi decide? Il popolo, diciamo noi che crediamo nella sempre più periclitante democrazia. Ma quale popolo? Quello della parte o quello del tutto? L'intero popolo della Unione Sovietica o solo il popolo ucraino? L'intero popolo ucraino o solo i russofoni del Donbass. L'intero popolo serbo o solo i kossovari? L'intero popolo della Gran Bretagna o gli scozzesi? E se il popolo di una parte agisce che si fa? Si assiste come in Scozia, si interviene contro il governo centrale come in Kossovo, ci si schiera con il governo centrale come a Barcellona? O ci si abbandona allo storicismo da operetta di chi confronta la storia della Generalitat con quella di Braveheart o delle armate serbe sterminate dai turchi nelle piane del Kossovo o della fondazione di Sebastopoli o del Rus di Kiev. Cioè a chi prova a definire la Storia, che è un processo,, con la geografia che è immobilità. E non sono i difensori dello status quo nei luoghi dove la Storia sarebbe finita, i più forti sostenitori del superamento degli Stati nazionali per tornare ad entità multi etniche, multi linguistiche, multi religiose, che chiamiamo più Europa ma che nulla sono se non i vecchi imperi più il suffragio universale (quando si vota come vuole la Storia, perchè se no il votante è rozzo, ignorante, retrogrado). Li di colpo la Storia "perfetta" si rivela perfettibile. Cioè il darwinismo ci indicherebbe la via del dinosauro europeo, perchè c'è quello americano e quello cinese. Ma ovviamente indica al dinosauro russo la terapia opposta: farsi mammifero baltico, caucasico o centroasiatico. Ma allora questa Storia è finita o è in movimento? E dove va?E soprattutto chi lo decide?massimoroccahttp://www.blogger.com/profile/00076695018131484345noreply@blogger.com5tag:blogger.com,1999:blog-7299457369504100914.post-52883383102552485262017-09-25T14:01:00.000+02:002017-09-25T19:47:53.649+02:00C'è un giudice a Berlino<iframe width="100%" height="100" scrolling="no" frameborder="no" src="https://w.soundcloud.com/player/?url=https%3A//api.soundcloud.com/tracks/343980752&color=%23ff5500&auto_play=false&hide_related=false&show_comments=true&show_user=true&show_reposts=false&visual=true"></iframe>
Adesso tutti vi staranno parlando della sorpresa tedesca. Si aspettavano l'accordo conclusivo della fanfara sulla fine della crisi, più o meno il classico chi ha avuto, ha avuto, ha avuto. L'ultimo chiodo sulla bara dei populismi sconfitti(?) nelle elezioni del 2017. E invece le cose sono andate a Berlino esattamente come sono andata a Parigi o ad Amsterdam o a Vienna. Il crollo dei partiti storici, tutti e due ai minimi del dopoguerra. La punizione di una socialdemocrazia compromessa fino al marciume nelle politiche neo liberiste. Il successo della ultradestra nelle regioni più in crisi dal punto di vista economico. Nessuna sorpresa, quindi. A meno che abbiate creduto a tutti quelli che vi indicavano nella Germania merkeliana il paradiso d'Europa, il sol del vostro avvenire e non chi per anni vi ha parlato dei mini job che giustificano insieme il mistero di una disoccupazione azzerata e della povertà crescente. A meno che abbiate creduto che davvero i dieci anni peggiori degli ultimi settanta dovessero finire alla Tomasi di Lampedusa. Certo nulla è cambiato, sulla crosta dorata. La Merkel farà i suoi sedici anni alla cancelleria, Rajoy sta alla Moncloa, un ministro di Hollande siede all'Eliseo. Ma sotto il patto politico sociale nato negli anni ottanta, il dogma liberista della Thatcher, non esiste la società ma solo l'individuo, arricchitevi perchè la ricchezza gocciolerà giù dalle vostre fauci verso i poveri là sotto, non regge più. Nemmeno in Germania. Non regge perchè non è vero, non funziona e non ha mai funzionato. Ci sono voluti quasi quarant'anni per assassinare la bestia statale, per strappare ogni libbra di carne messa su nei trenta gloriosi, ma adesso siamo alle ossa nude e tremanti. E ci siamo proprio nel momento in cui tutti avevano iniziato a dire che la festa era ricominciata. Ma è ricominciata, per voi, da molto più in basso di dove eravate prima. E la prossima crisi, che inevitabilmente arriverà, perchè il ciclo di crescita americano è già più lungo della media, ci/vi coglierà senza più nulla da sacrificare, così come coglierà le banche centrali senza più strumenti da utilizzare ed una Europa senza più un briciolo di solidarietà reciproca. Con in più un lascito avvelenato. Le sinistre di governo e le elite hanno creato un baluardo contro il populismo combattendolo sul piano delle ricette economiche ed hanno "vinto". Il Trump isolazionista e protezionista è stato ingabbiato nello scandalo russiagate e ridotto ad essere quello che un buon Presidente degli Stati Uniti d'America "deve" essere. Lo sceriffo del mondo e il pagatore pronta cassa dell'industria bellica. La Le Pen è stata indotta a rinnegare il suo populismo anti europeista, a lasciare perdere l'euro, stesso percorso per la AFD tedesca. Ma siccome il vapore sotto pressione da qualche parte deve sibilare ecco che invece che allo 0,1% daremo la caccia al clandestino. E' una fantastica capriola. La destra estrema che faceva, senza saperlo fare, il mestiere della sinistra. La sinistra che ha fatto di tutto per non farglielo fare, tranne l'unica cosa che doveva cioè fare lei quelle battaglie, come dimostra il successo di Corbyn. Risultato gioco partita e incontro per l'0,1%. massimoroccahttp://www.blogger.com/profile/00076695018131484345noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-7299457369504100914.post-62888002265126084302017-09-02T17:24:00.003+02:002017-09-02T17:24:39.690+02:00Per chi suona la campana?<iframe width="100%" height="100" scrolling="no" frameborder="no" src="https://w.soundcloud.com/player/?url=https%3A//api.soundcloud.com/tracks/340600047&color=ff5500&auto_play=false&hide_related=false&show_comments=true&show_user=true&show_reposts=false&visual=true"></iframe>
"Sto pensando che abbiamo perso, e che abbiamo davanti tempi brutti, e mi chiedo: che cazzo ci farò con il resto della mia vita?" Ho sbattuto su queste parole, alla fine del primo capitolo di Skagboy il prequel di Trainspotting, poco dopo aver letto quelle pronunciate dal Teschio del Viminale. " ho temuto per la tenuta democratica del paese". E sono sempre più convinto che la grande crisi economica del decennio ci lascerà in eredità una nuova, epocale sconfitta, al posto della quasi facile vittoria che era sul piatto. Chiudere la parentesi di una evidente, spettacolare crisi del modello di voracità del capitalismo finanziario, con un odioso ripiegamento alla caccia al poveraccio. La vittoria culturale della destra più fascista senza neppure il vantaggio di metterla, come sta succedendo negli Stati Uniti, alla prova della sua naturale inefficacia. Perchè qualcuno mi deve spiegare in che cosa il muro di Trump o i reticolati di Orban si differenziano da Minniti, a parte il cruccio di Crozza. Badate, io la paura dell'immigrazione la capisco, capisco le motivazioni sociali dei poveri e dei senza casa italiani che non vogliono dover entrare in competizione con gli sfigati pellenera per i brandelli di welfare rimasti, dei disoccupati, sottooccupati e scoraggiati che non vogliono concorrenti nella corsa ai 5 euro l'ora che sembra il massimo che uno dei paesi del g7 sia in grado di offrirgli, delle donne che fantasmizzano lo stupro interraziale per non pensare a quello interfamiliare, che statisticamente sta in un rapporto di uno a cento. Ma, appunto, se non vogliamo, se non volete, ridurvi, al cruccio. Io l’ho ripetuto per un anno, come un mentecatto, ricordatevi di Oxfam. Ve lo state dimenticando. Nel mondo otto persone detengono la ricchezza equivalente a quella dei tre miliardi e mezzo più poveri. I poco più di duemila miliardari in dollari della lista di Forbes, valgono quasi 8 trilioni di dollari. Quattro anni di Pil del nostro paese intero. Quattro volte il nostro debito pubblico. 400 anni di manovre di austerità da 20 miliardi l’anno. E il problema sono i migranti? E’ con loro che dovete battervi per uno straccio di casa popolare? Per un lavoro pagato il giusto? Per la tenute democratica del paese? Ecco se non siete d’accordo con me ma con il Teschio del Viminale, se vi resta solo il cruccio, quella frase di Irvin Welsh, che commenta la sconfitta dei minatori inglesi al tempo della Thatcher, è una campana che suona per voi, non solo per me.massimoroccahttp://www.blogger.com/profile/00076695018131484345noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-7299457369504100914.post-31674128488908712572017-08-07T13:14:00.003+02:002017-08-07T13:14:50.446+02:00E se telefonandoTu stai lì a iniettarti la tua dose di circenses. Che già di per se ti induce a tante riflessioni, visto che guardi i mondiali di atletica. E ci sono questi meravigliosi neri giapponesi, tedeschi, svedesi, svizzeri, oltre ai pronipoti dei “migranti economici” degli ultimi due secoli nei Caraibi, in Brasile, in Inghilterra o negli Stati uniti. E pensi venissero ad aiutarci in casa nostra, magari qualche medaglia la strapperemmo pure noi. Invece purtroppo non ci sono neri italiani e quei pochi che ci sono dai tempi della May e di Howe sono scarsini. Ma non è quello. E’ che all’improvviso Eurosport ti spara due pubblicità che ti tolgono il fiato. Una di telethon e una di save the children. Adesso i bambini con la malattia rarissima, o quelli che muoioni di fame hanno anche un nome. Il messaggio ti arriva dentro come un pugno. Il groppo alla gola della madre italiana, il silenzio disperato di quella africana, sono i tuoi che genitore lo sei e lo sei stato, sono i tuoi se sei, comunque, un essere umano. In due minuti percorri i gironi dell’inferno. E i pensieri si prendono a pugni tra loro. Perchè c’è una scala, oscena, nella sofferenza. Nessun bambino africano soffre di rare malattie genetiche. Quei reduci dal campo di sterminio in cui sono nati, lezioni di anatomia scheletrica che respirano e piangono hanno solo fame. Altrimenti sarebbero lì in pista a Londra a prendersi gioco dell’uomo e della donna bianca che arrancano a qualche pista di distanza. Ma il dolore di quelle madri è identico al dolore della madre italiana, valgono esattamente lo stesso. O quasi 10 euro al mese uno nove l’altro, telefona subito. Telefono subito. Telefono subito? Io? Tu? Noi? Voi? Sono quei dieci euro la soluzione? Se un milione di persone telefonasse subito. Cento milioni di euro. Abbiamo trovato la cura per dieci bambini italiani dato da mangiare a centomila bambini africani. Io, tu, voi, noi. E loro? Loro hanno appena tirato fuori duecento e passa milioni di euro per assicurarsi un paio di piedi nel PSG. Loro hanno appena preso venti e passa milioni di euro di bonus per un anno di lavoro. Loro hanno appena preso 700mila euro di incentivo all’esodo per aver fatto praticamente fallire un giornale truccandone le vendite. Loro, in otto, hanno tutti i soldi che servono a finanziare la ricerca e a stroncare la siccità in Africa. Noi, voi non dobbiamo telefonare, stravolti dal senso di colpa per la nostra fortuna di genitori o di nati nel posto giusto della tavolata. Noi, voi dobbiamo telefonare stravolti dalla ingiustizia intollerabile dei faraoni che indicano nell’elemosina la strada. Comprese le loro elemosine, magari senza limiti come quelle di Gates, ma dove ognuno insegue la pezza da mettere al buco che si è aperto sotto gli occhi nello yacht di cui sono i padroni e la cui rotta hanno tutto il potere di decidere e se va là è perchè loro hanno deciso che vada là. Telefonate.
massimoroccahttp://www.blogger.com/profile/00076695018131484345noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-7299457369504100914.post-12080658936370398692017-07-23T18:29:00.002+02:002017-07-23T18:29:46.227+02:00Storia d'estateOrmai, purtroppo, è molto che non vale la pena di commentare le omelie domenicali di Scalfari. Per me, e per la mia storia, è un dolore. Ma oggi non riesco a passar sopra ad un incredibile contraddizione logica. Si occupa, tra le varie cose del Presidente francese Macron. Ora il recente mito della stampa progressista italiana, si scopre essere dotato nelle parole di Eugenio di "un tratto vagamente autoritario" per altro già "apparso a tutti in Francia e in Europa". Andiamo bene. Un tratto che gli ha già fatto perdere consensi a ritmo di record, così che, in poche settimane di governo, dieci punti di popolarità sono evaporati. Ma questo ovviamente sarà solo l'ennesima disillusione di tutti quanti giocano a fare Cristoforo Colombo e a sognare di buscar la sinistra passando per la destra. No il punto chiave è che Eugenio scopre in Macron i sintomi pericolosi di chi mira a diventare il capo politico dell'Europa e sollecita il nostro governo a fare in fretta a prendere le sue contromisure se non volete" ridurvi a una sorta di colonia del tipo Tunisia o Algeria o Marocco o addirittura Libia". Ma come? Sono anni che ci frantumate le palle con il deficit di governo dell'Europa, con Kissinger che non sapeva che numero di telefono chiamare, e anche in questo stesso articolo si ritorna a chiedere come panacea di ogni male l'istituzione di un ministro dell'economia europea e quando un politico sembra intenzionato a marciare su questa avenue che gli state così faticosamente costruendo dallo scoppio della crisi, lo invitate a "tagliarsi il ciuffo napoleonico"? Ma l'obiettivo finale non sarebbero gli Stati Uniti (d'Europa)? Che hanno un presidente, mica solo un segretario al tesoro e un governatore della Banca centrale, o no? Certo ma ecco la contorsione logica, ma Macron non va bene, non sta facendo bene, perchè come si vede in Libia, o nella vicenda dei migranti, o in quella dei cantieri di Saint Nazaire dove sbarra la strada alle nostre imprese, lui agisce nell'interesse del "suo" paese e non della mitica Europa. Insomma sta facendo con i tipici mezzi francesi lo stesso gioco che ha fatto in tutti questi anni la signora Merkel. Cioè gli interessi di uno stato nazionale che si pone come guida e che, quindi, impone ai partner dell'Unione di uniformarsi e di assecondare le politiche del leader. Incredibile a dirsi, vero? Gli unici che dovrebbero rinunciare a fare i propri interessi, o meglio arrivare a convincersi che questi interessi sono quelli degli altri, siamo noi. Ma io la conosco l'obiezione. In America, perchè l'obiettivo evidentemente non è una fantomatica e mai esistita Europa ma uno stato federale reale come l'America, il presidente mica fa gli interessi del Idaho contro quelli del Wyoming. Ora a parte che è tutto da vedere, anche oggi, ma a chi gioca con la Storia vorrei ricordare che ci sono voluti 184 anni perchè là ci fosse un presidente cattolico e più di ottanta perchè un politico del Sud tornasse alla Casa Bianca dopo la guerra civile, e ci riuscì solo perchè aveva vinto la seconda guerra mondiale in Europa. Per non parlare dei due secoli e rotti per il primo nero. Quindi se mi venite a dire che gli Stati Uniti non hanno una, complicata, politica interna fatta di conflitti e contrasti, chiamo l'ambulanza. E giocando con la Storia ricordiamocele le volte che l'Europa si è unificata, o quasi. Con Roma, con Carlo Magno, con Carlo V, con Napoleone, con Hitler. Si chiamavano (al di là dei giudizi sul singolo governante) Imperi non Stati Uniti. massimoroccahttp://www.blogger.com/profile/00076695018131484345noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7299457369504100914.post-90924773118801256702017-07-13T23:47:00.000+02:002017-07-13T23:47:06.138+02:00TitanicAdesso l’iceberg non è nemmeno più una metafora. Sta lì, grosso come la Liguria, sulla nostra rotta. E piccoli colpi di timone non basteranno ad evitarlo. Leviamo i calici alla Volvo, che tra un paio di anni costruirà solo auto elettriche. Ma sono quisquilie. Ci stiamo avviando, come ciechi Ahab, verso la nostra balena bianca che nuota placida, ignara del furore predatorio che la insegue. Ogni colpo della sua coda già smuove ondate che ci spazzano. Non la vediamo, ne intuiamo la scia quando gli incendi consumano i paesi del clima temperato. Quando gli abitanti di quelli tropicali si spiaggiano sulle nostre coste. Fenomeni naturali, ci ostiniamo a chiamarli, quando di naturale non hanno più nulla. Estrema difesa del mondo contro chi avendo tutto vuole sempre di più, senza condividere nulla. E come il patetico Starbuck, l’onesto, timoroso, secondo del Pequod nessuno che abbia il coraggio di strappare il timone dalle mani dei folli indicando la rotta di casa. Posto che il tempo ci sia, che le barche non siano già state calate e i ramponi affilati. Che il capitalismo non stia già ritto sulla prua gridando, dal cuore dell’inferno io ti trafiggo. E che poi non resti altro che il grande sudario del mare, indifferente come milioni di anni fa.massimoroccahttp://www.blogger.com/profile/00076695018131484345noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-7299457369504100914.post-91557671303092686422017-07-03T00:09:00.003+02:002017-07-03T00:09:45.756+02:00Oh, Jeremy Corbyn<iframe width="100%" height="100" scrolling="no" frameborder="no" src="https://w.soundcloud.com/player/?url=https%3A//api.soundcloud.com/tracks/331247686&auto_play=false&hide_related=false&show_comments=true&show_user=true&show_reposts=false&visual=true"></iframe>
Oh, Jeremy Corbyn. E’ il coro da stadio che accoglie ovunque il leader laburista inglese, diventato ormai un tale tormentone che gli organizzatori di Wimbledon hanno deciso di impedire che possa essere cantato tra un ace e una volèe. Ma voi lo cantereste Oh Giuliano Pisapia, durante il concerto di Vasco Rossi se lui apparisse a sorpresa come ha fatto Corbyn al Glanstonbury festival? Beh, se ce la fate, siete degli eroi. Perchè il coro inglese sottolinea l’assoluta dedizione ad un idea, senza mai cambiare idea. Dal 1983 al 2017. Chiunque fosse al governo, loro o noi. Dagli arresti per le manifestazioni anti apertehid, a quelli per il dialogo con i terroristi dell’IRA, dal rifiuto che lo portò di nuovo sulla soglia del carcere per l’opposizione alla Poll tax dei conservatori, ai 429 voti in dissenso contro il governo Blair, compreso il no alle sue guerre. Giuste o sbagliate, che vi piacciano o no, le sue sono convinzioni. Invece io, voi, dovremmo stare insieme con uno che appena sei mesi fa voleva stravolgere la costituzione, essendo per di più non un carneade ma un rispettatissimo avvocato che quindi qualcosina deve aver studiato. Dovrei, dovremmo, farci travolgere da un brivido orgasmico di fronte a gente che dice abolire l’articolo 18 è stato un errore, dopo aver predicato la lealtà al governo che lo aboliva, così come prima sosteneva che il pareggio di bilancio in costituzione “ma siamo matti” e poi giù a votarlo. Dovrei, dovremmo, in nome del meno peggio, esultare per gente il cui progetto è, in soldoni, tornare a quel PDS che proprio essi sciolsero facendoci la lezioncina sul futuro come se già quel PDS non fosse stato artefice dei primi passi di smantellamento di welfare e tutele, come se Corbyn avesse, bel bello, riproposto nel manifesto for the many not the few il programma di Blair. Dovrei, dovremmo continuare a credere nella retorica europeista che ci impedisce di nazionalizzare le banche fallite ma non di regalare 5 miliardi a Banca Intesa perchè ne rilevi i buoni affari, mentre Corbyn caccia dal suo governo ombra chi vota in parlamento contro la volontà popolare espressa dal referendum sulla Brexit, capito Pisapia?. Oh! Jeremy Corbyn.
massimoroccahttp://www.blogger.com/profile/00076695018131484345noreply@blogger.com9tag:blogger.com,1999:blog-7299457369504100914.post-17934004831279473952017-06-21T23:50:00.000+02:002017-06-22T17:33:35.477+02:00Cameriere mi porti il Conte, per favore.<iframe width="100%" height="100" scrolling="no" frameborder="no" src="https://w.soundcloud.com/player/?url=https%3A//api.soundcloud.com/tracks/329505425&auto_play=false&hide_related=false&show_comments=true&show_user=true&show_reposts=false&visual=true"></iframe>
Jon Ossoff, chi era costui? Era , per dirla con le parole del nostro presidente del consiglio il Conte Paolo Gentiloni Silveri, viendalmare,un esponente della sinistra che vince. Perchè ci ha detto il Conte, nato maoista e gruppettaro per finire rutelliano e renziano, davvero che spreco che si fa della vita a volte, quella che perde non gli piace. Quella che perde, dice, è quella di Sanders e di Corbyn. Quella che vince, ovviamente, deve essere quella di Macron. E Jon Ossoff è proprio un macronide della Georgia, USA. Impegnato con il sostegno economico spettacolare dell’ala clintoniana del partito, quasi 23 milioni di dollari di spesa, a vincere la più facile delle campagne elettorali per un seggio parlamentare in una supplettiva. La più facile, a leggere le nostre cronache e i nostri commenti, basata sullo slogan: rendete furibondo Trump. Quel presidente spregevole e disprezzato, inseguito dall’impeachment per ostacolo alla giustizia, forse spia russa o comunque succube di Putin, quel pagliaccio che sapete e che in quel particolare distretto, di buona classe medio alta americana, aveva vinto per appena il 2% dei voti sulla Clinton. E quindi vai col macronide, sottospecie hillaryca. A me i repubblicani per bene, disgustati dal capello color paglia, vai con un bel programma centrista, e chi se ne frega dell’elettorato di Sanders, quello che avendo sentito il conte Gentiloni perde, insomma la ripetizione in salsa giovanile del sorriso rictus della ex first lady. Ovviamente la sinistra che vince ha perso. Si è scoperto che per quanto gli americani disprezzino Trump, solo il 31% nell’ultimo sondaggio pensa che un congresso controllato dai democratici attuali avrebbe un qualche impatto positivo sulle loro vite. Questo voto, per noi giornalisti qui a destra dell’Atlantico non significa nulla, abbacinati dal Re Sole dell’Eliseo e dal suo insostenibile splendore vincente, 16% degli aventi diritto al voto nel ballottaggio delle politiche. Però se leggeste The Nation, The Jacobin, Vox e pure il Financial Times vedreste che loro ne parlano, eccome di Jon Ossoff. Come dell’ultima pietruzza tombale sulla sinistra che vince di Gentiloni. Quella che per riuscirci, e ormai non sempre, è diventata solo un’altra destra.massimoroccahttp://www.blogger.com/profile/00076695018131484345noreply@blogger.com1