lunedì 20 febbraio 2017

La second line

E pensare che, invece, è così semplice. Attorno all’agonia del PD colleghi e intellettuali hanno mobilitato le loro penne per descriverne coloritamente e dettagliatamente gli spasmi o per interrogarsi sgomenti sui sintomi, definiti incomprensibili, di questa cachessia. E invece basterebbe sollevare lo sguardo dal capezzale del malato per accorgersi di essere in una corsia ospedaliera popolata di pazienti affetti dalla stessa malattia, alcuni ancora apparentemente in grado di lottare per la vita, altri col lenzuolo della pietà che ne copre il viso. Il partito democratico era una creatura fragile e malaticcia fin dalla nascita. Che doveva segnare, anche da noi, la definitiva trasformazione della sinistra in quel modesto collegio di sindaci e probiviri della globalizzazione neoliberista che è stata la socialdemocrazia degli ultimi trent’anni. Ma come spesso accade noi italiani siamo arrivati fuori tempo massimo. Il partito un po’ come il Federale, Primo Arcovazzi, immortalato dal film di Salce è clamorosamente fuori tempo. Mentre gli aderenti si affollano ai gazebi originali, in Inghilterra i risparmiatori si affollano agli sportelli della Northern Rock per il primo episodio di fallimento bancario, che poi tappa dopo tappa porterà al collasso del 2008. Vestiti da pifferai e trombonisti dell’economia del turbocapitalismo, dietro a Giorgio Napolitano con la mazza, i partecipanti non si resero conto di star suonando in realtà ad un funerale di New Orleans. E non se ne rendono conto, praticamente, fino al devastante, per loro, esito, del referendum che avrebbe dovuto, appunto, sancire la trasformazione della Costituzione in un patto parasociale scritto dalle banche d’affari. Anzi molti, la maggioranza di loro e anche dei loro elettori, è tutt’oggi convinta di essere di sinistra anzi di essere la sola sinistra possibile. Poco conta che in quella corsia di ospedale siano morti i socialisti greci, che quelli francesi siano ridotti a larve, che quelli spagnoli, tedeschi, austriaci, olandesi siano da tempo ridotti a donatori di sangue per governi di centrodestra. Poco conta che loro stessi abbiano vissuto tutti questi dieci anni o suonati da tremende sconfitte elettorali ( che meraviglia, a proposito di fake news, le due righe dedicate da Repubblica nella sua storia del partito alla batosta del 2008 per poi passare, enfatici e senza un plissé, ai 2 milioni e mezzo del Circo Massimo) oppure impegnati in governi con il vecchio nemico assoluto. Loro e i loro cantori incapaci di capire la relazione tra i due titoli affiancati della prima pagina della Stampa. Quello sulla scissione 5 colonne e una sola al secondo: la Grecia di nuovo al collasso, salvataggi falliti. Basta capire questo e tutto diventa così semplice.

giovedì 16 febbraio 2017

Il conto, per favore

Chissà se ve la ricordate quella pubblicità elettorale di Rifondazione, anche i ricchi piangano. Sullo sfondo un panfilone bianco alla fonda. Era per le elezioni del 2006. Fu massacrata dalla stampa progressista. Così fate fuggire i moderati, ed altre amenità del genere. Credo la dovettero perfino ritirare. Tanto per curiosità sono andato sul primo sito dedicato ai megayacht. In giro per il mondo ci sono 43 barche da più di 100 metri di lunghezza, come si dice un campo di calcio. Più grandi, quindi del famoso Christina, nave mito di Onassis e Jaqueline. 26 di questi sono stati costruiti dopo quella data. 12 dei 20 più grandi dopo l’inizio della grande crisi del 2008, 14 se si contano anche quelli varati nell’anno della Lehman Brothers. I ricchi non hanno pianto. Per questo ho trovato non solo deprimente ma anche un po’ offensivo il manifesto del campo progressista di Pisapia. Qualche decina di righe di buoni sentimenti, tra il Bacio Perugina e il discorso di Veltroni. La Buona politica, la nuova speranza,l’agenda politica. Mezza riga scarsa sulla redistribuzione. Non andranno da nessuna parte. Nessuno andrà da nessuna parte finchè qualcuno non avrà il coraggio di fare la domanda che andrebbe fatta prima, ma al dessert è d’obbligo, chi paga il conto? Chi mette mano al portafoglio? Chi ha messo mano al portafoglio fin qui, lo sappiamo. Quel portafoglio è vuoto, comunque non basta più. Ve lo hanno detto ieri per l’INPS, tanto per prepararvi ad un’altra limata delle prestazioni. Qualcuno pensa di sfuggire alla domanda. Qualcuno si rassegna all’idea che andrà in cucina a lavare piatti fino ad estinzione del debito, oggi ho letto che oltre un milione di americani non riesce a pagare le rate dell’auto, di nuovo come nel 2009. E badate la risposta non è, ad esempio, il reddito di cittadinanza; quella, se non immaginiamo che vada a sostituire altre prestazioni, è una delle portate. Perchè se va a sostituire, campa cavallo. Un ciclo dei nuovi chemioterapici, che adesso paga lo stato, costa sui 50mila euro, hai voglia a pagartelo da solo con il reddito di cittadinanza. Quindi anche qui la domanda torna, chi paga il conto? E come fai a farlo pagare a chi di dovere se a lui basta un clic per far sparire i soldi? Chiedete a Hollande e Depardieu come è finita la storia delle tasse al 75%. E allora in questo tempo di muri, davvero pensate che proporre alla gente di costruirne uno, dieci, cento virtuali e virtuosi per impedire che i capitali bianchi e neri fuggano dai paesi di appartenenza verso paradisi leciti o illeciti cadrebbe nel vuoto? Non sarebbe declinare a sinistra quel bisogno di protezione di cui parla Bersani? Ma io a sinistra la domanda chi paga non la sento fare, il massimo cui si spingono è un facciamo alla romana. Non basta, non basta.

mercoledì 15 febbraio 2017

La costa sottovento

L’articolo di Ezio Mauro, il PD e la talpa dell’ultradestra, è davvero molto bello. Però è completamente sbagliato. Sbagliato in un modo surrealista, magrittiano. Non è una pipa è l’immagine di una pipa. Manca completamente quel elemento di autocoscienza che è affiorato bizzarramente in Trump con la famosa frase, ma questo paese è davvero così innocente. Ma davvero Mauro pensa che la sinistra sia così innocente? Che si sia solo lasciata scarrocciare dal vento al traverso e che non abbia invece risolutamente virato per prendere quel vento se non in poppa almeno al gran lasco? E davvero pensa che oggi debba solo, appena, stringere un pochino su quella bolina stanca che lui definisce così: “il futuro possibile per la sinistra, in questa fase, sta probabilmente proprio nella capacità di coniugare la responsabilità con le opportunità residue di emancipazione e di futuro, che pure esistono anche in una congiuntura così sfavorevole”. Opportunità residue? Ma come residue? Qui Mauro perde completamente la rotta. Su di lui cala la nebbia. Parla degli anni dieci di questo secolo come se fossero altro, e diverso, dagli anni novanta e dagli anni ottanta di quell’altro. Ma come si fa, trent’anni dopo Craxi, vent’anni dopo Blair, dopo i 5 anni di Hollande a chiedersi sgomenti “E’ quasi che una sovrastruttura di pensiero avesse uniformato e appiattito le grandi culture politiche europee spegnendo i loro caratteri distintivi fino a renderle apparentemente indistinguibili” Apparentemente? Come apparentemente? In cosa, di grazia e in concreto si distinguono? No, vi prego, l’obiezione relativa ai diritti civili, alla tutela delle minoranze, non me la fate. Non oggi. Pensate a Pim Fortuyn e a Wilders. Non mi dite se il coltello va a destra o a sinistra di un piatto vuoto, perchè così spalanchiamo la porta a chi, come un Trimalcione, si ingozza davvero solo con le mani. Per la sinistra, caro Mauro, c’è solo la rotta di Bulkington descritta da Melville. Gli lascio la parola “La sua sorte fu quella di una nave sbattuta dalla tempesta, che vaga miseramente lungo una costa a sottovento. Il porto le darebbe riparo, il porto è misericordioso, nel porto c'è salvezza, comodità, un focolare, una cena, del coperte calde, degli amici, tutto ciò che è gradito a noi poveri mortali. Ma in una tempesta, il porto, la terra è il pericolo più terribile per una nave. Essa deve fuggire ogni ospitalità; un solo contatto della terra, anche solo una carezza alla chiglia, la farebbe rabbrividire da cima a fondo. Con tutte le sue forze, la nave spiega ogni vela, per scostarsi dal porto. E nel farlo, combatte proprio quei venti che la vorrebbero spingere verso casa, va cercando di nuovo tutta la mancanza di terra di quel mare infuriato. Si getta nel pericolo disperatamente, per amore di un riparo. E il suo unico amico è il suo nemico più feroce. Tu lo capisci, Bulkington? Pare che tu veda qualche barlume di quella verità insopportabile agli uomini, che ogni pensiero profondo e serio non è che uno sforzo coraggioso dell'anima per tenersi la libertà aperta del suo mare; mentre i venti più aspri della terra cospirano per gettarla sulla costa insidiosa e servile. Ma la verità più alta, senza rive, indicibile come Dio, è soltanto nell’assenza della terra. Coraggio, Bulkington, coraggio! Stringi i denti, semidio. Dalle sferzate d'acqua della tua morte nell'oceano, si scaglia in alto, a perpendicolo, la tua deificazione

martedì 14 febbraio 2017

Quelli del Nazaré

Nella difficile scelta tra stare zitto dando l’impressione di poter essere un cretino e parlare dandone invece la certezza, il facente funzioni di presidente del consiglio, fin qui, aveva saggiamente optato per il primo caso. Finchè anche lui non si è trovato sotto mano dei dati economici e non ha resistito. La miracolosa crescita allo 0,9%, un sontuoso 0,1 più del previsto, e al facente funzioni è partita la dichiarazione. Sono dati incoraggianti, avanti con le riforme. Pover’uomo. Sa di stare lì, affetto dalla terribile sindrome “Stai sereno”. Con il matto alle spalle che sputazza sui suoi stessi ministri e sulle politiche che lui stesso ha scritto fino all’Immacolata e che farnetica di un paese in cui non si parla più di futuro. Invece se ne parla. Tanto è vero che la Commissione prevede per noi la crescita più bassa tra tutti quelli dell’Unione. E’ futuro anche questo, purtroppo. Quello di cui non si parla è il presente o il passato, dal prossimo al remoto. L’unico che ci prova, ed abbiamo detto tutto, é Bersani, che ha finalmente lasciato il tacchino sul tetto per accorgersi della mucca nel corridoio. Cioè del fatto che il 37% dei lavoratori dipendenti francesi voterà tra poco per la Le Pen, tanti quanti ne mettono insieme il socialista Hamon e il post comunista Melenchon. Ora Bersani non arriva a dire nè, purtroppo, a capire che questo “è” il frutto avvelenato delle politiche della sinistra dagli anni novanta fino ad oggi, ma almeno arriva a capire che non si può provare ad opporsi a questa onda con quegli stessi strumenti. Gli altri in quel partito, come dimostra il flatus vocis del facente funzioni, sono ancora convinti di essere a cavallo dello spirito dei tempi, decisi a surfare l’onda come nel finale del Point Break originale.

domenica 5 febbraio 2017

Trumpaciov

Perchè? il nostro paese è così innocente? E allora io inizio a pensare a Gorbaciov. Quando ho letto questa frase di Trump, in risposta all’obiezione di un giornalista della Fox, ma Putin è un assassino, ho fatto un salto. Ovviamente farete fatica a trovarla sui nostri giornali, tranne che sul Fatto, altrove è sepolta sotto titoloni sullo stop ai migranti, cioè la stessa cosa che Gentiloni ha appena messo in piedi con lo pseudo governo della Libia, ma non voglio parlare di questo. Voglio dire che quella di Trump è la frase che più nella storia americana si avvicina ad una ammissione che l’Impero del Bene ha USAto, USA e USerà gli stessi strumenti dell’Impero del Male. Basta con la retorica dei cavalieri Jedi contro la Morte Nera. Per difenderci dal comunismo, e adesso dall’Islam radicale, anche Joda e Obi wan Kenobi hanno ammazzato ragazzini a pacchi, come fossero un qualunque Anakin Skywalker. Finalmente! Basta con la retorica del quello è un bastardo, ma almeno è il nostro bastardo. L’invasione dell’Iraq ha le stesse giustificazioni legali e propagandistiche di quella della Polonia. I leader uccisi direttamente, indirettamente, con caldo consiglio o istigazione, le democrazie rovesciate e torturate valgono come la Cecoslovacchia o l’Ungheria. Il libro nero dell’atlantismo. Naturalmente per le ironie della storia siccome a dirlo è un fascista, o un quasi fascista, le sinistre per bene partite marciando contro la Nato adesso sono pronte all’arruolamento nei marines. Semper fidelis, right or wrong, my country. Esilarante, quanto squallido. Ma torniamo a Gorbaciov. Anche l‘ultimo comunista andò al potere pensando di poter modificare dall’interno il sistema che sapeva marcio e pericolante. E invece il suo tentativo non fece che accelerare il disfacimento dell’Impero, proprio perchè un edificio marcio non si consolida tinteggiando la facciata con pennellate di glasnost e perestrojka. Oggi e qui, partendo da questa frase di Trump si disvela quello che tutte le articolesse sul 45 presidente evitano con accuratezza di affrontare. I nostri paesi sono così innocenti?I nostri sistemi sono così innocenti? Le nostre economie sono così innocenti? Come Gorbaciov disvelò al di là del muro l’impossibilità di riformare l’Impero, così oggi Trump disvela la controriforma di questo Impero, la rottura di ogni patto sociale. Come Gorbaciov era convintamente comunista, così Trump è convintamente capitalista. Ma la domanda è uscita dal vaso di Pandora. Siamo così innocenti?

venerdì 3 febbraio 2017

Il presidente dello stato libero di Bananas

Allora qui dobbiamo scegliere tra Jacques de La Palice, che se non fosse morto sarebbe ancora in vita e Alibante di Toledo, che andava combattendo ed era morto. Sto parlando degli Stati Uniti, ovviamente. Perchè o si tratta di una grande,salda democrazia che non può essersi trasformata in un osceno regime solo per il cambio di inquilino alla Casa Bianca, oppure se è oggi un osceno regime non poteva essere una grande, salda democrazia. Io ho visto appunto usare, dai media americani, il termine regime per Trump. Certo in inglese ha una valenza diversa, però ragazzi. Dove sono gli arresti dei dissidenti, dove la messa fuori legge dei movimenti, dove la censura sulla stampa e l’imprigionamento dei colleghi, dove l’esautoramento del parlamento? Questo temono? Noi, qui in Europa ne sappiamo di più. E’ vero che Hitler vinse le elezioni, e pure Mussolini, dopo aver cambiato la legge elettorale in un italicum ante litteram. Ma prima? Squadracce, pestaggi, omicidi, giornali e libri in fiamme. Dove è Matteotti, o Amendola, dove i Rosselli e i Gobetti. Dove il Reichstag? Qui, prima, abbiamo avuto l’idillio e la grazia di Obama. E allora questo passaggio dal giorno alla notte senza tramonto, come ai tropici? Capisco che gli americani siano molto, e giustamente, orgogliosi di essere l’unica democrazia repubblicana operante da più di 200 anni. Però pure loro lo sanno come si fa ad abbattere una democrazia, ne hanno una certa esperienza: all’estero. Come dice la barzelletta russa in America non ci sono rivoluzioni, arancioni o di altro colore, perchè è il solo paese in cui non c’è una ambasciata americana. Stiano tranquilli.

giovedì 2 febbraio 2017

Six feet under

Dovrei occuparmi ancora del regime di Trump. Lo chiamano così i democratici americani, e lo farò domani. Però anche da pensionato, sia pure senza aver ancora visto un assegno che sia uno, non posso esimermi dalla soddisfazione postuma. Ve li ricordate i gufi? Io, ad esempio. E tutti quei cuor contenti piddini che ci chiamavano tali. A dirgli, per tre anni tre, badate state sprecando soldi e una fase di irripetibile tranquillità in mance, prebende, iniziative sbagliate. Pensate di essere immuni dalla contingenza internazionale grazie alle vostre riforme, come diceva un certo Gutgeld. E invece siete appesi al respiratore di Draghi, whatever you takes. E si pompavano come code di pavone, facendo finta di criticare Bruxelles e Berlino per due spicci di flessibilità, sempre nascosta, da bravi epigoni di Badoglio, sotto l’emergenza, un anno i profughi, quello dopo il terremoto, per il prossimo speriamo nella xylella. Ed eccovi qui, nella vostra confortevole tomba di famiglia, coperti da sei piedi di terra. La disoccupazione giovanile al 40% e la procedura di infrazione europea, insieme. Con il cagnolone Padoan che saltimbanca, come sulla solidità delle banche italiane. Non so se avete presente Monte Paschi Siena e Unicredit, fondo Atlante. Secondo voi perchè a Bruxelles dovrebbero dargli retta, adesso, sui tempi e i modi con cui voi dovrete, comunque, tirare fuori questi tre miliardi e 400 milioni? Se li tenevano alla catena lunga solo in funzione anti populista e per fargli vincere il referendum. Non sono stati capaci. Adesso gli levano l’osso dalle zanne. Dio, come bubolo!